Il toro torna a tirare sui mercati grazie ai bilanci sopra le aspettative delle grandi banche statunitensi, ma i profitti riportati da colossi come Bank of America e Citigroup, salvati dal crac con decine di miliardi di dollari di fondi pubblici, non devono ingannare. Il settore finanziario e' infatti ancora fragile, e su Wall Street rischia di calare l'ombra del sempre piu' probabile fallimento di Cit.
La prima grande banca Usa a diffondere la seconda trimestrale e' stata Goldman Sachs, lo scorso 14 luglio. Dopo la bancarotta di Lehman Brothers, l'istituto, insieme a Morgan Stanley, aveva chiesto e ottenuto dalla Federal Reserve il cambiamento di status da banca d'affari a holding bancaria, in modo da poter raccogliere liquidita' piu' facilmente. Un'operazione dalla grande valenza simbolica, che ha segnato il tramonto dei piu' spregiudicati modelli di 'investment banking' a stelle e strisce. Eppure, affermano gli analisti, Goldman Sachs ha potuto annunciare un utile record di 3,44 miliardi di dollari, dopo aver restituito senza problemi al governo i 10 miliardi ricevuti nell'ambito del 'Tarp' (il 'Trouble Asset Relief Program', ovvero il fondo di salvataggio per il settore finanziario messo in campo dalla casa Bianca), proprio perche' ha puntato nuovamente sulle attivita' di trading e sugli investimenti ad alto rischio: un modello di business che si pensava sepolto sotto le macerie del crac Lehman.
Due giorni dopo e' stato il turno di JP Morgan Chase, che ha dichiarato un utile di 2,7 miliardi di dollari nel secondo trimestre, in rialzo del 36% e ben al di sopra delle aspettative degli analisti, grazie ad un fatturato record e alla buona performance del settore investment banking. Si parla pero' di una banca relativamente in salute, che e' cresciuta grazie alla crisi, inglobando due delle vittime piu' illustri del terremoto subprime come Bear Sterns e Washington Mutual, e che e' stata la prima a restituire allo stato i prestiti del Tarp, rimborsando 25 miliardi di dollari in un'unica soluzione.
Il momento della verita' e' infatti arrivato venerdi' 17 luglio, con la pubblicazione dei bilanci di Bank of America e Citigroup, i due istituti di credito che hanno attraversato la crisi in modo piu' travagliato e il cui salvataggio ha costretto la Casa Bianca a sforzi secondi solo a quelli costati per scongiurare il fallimento di Aig. I conti delle due societa' sono si' tornati in nero, ma in entrambi i casi la situazione resta fortemente deteriorata. I 4,28 miliardi di utile netto realizzati da Citigroup, infatti, derivano unicamente dalla cessione di larga parte della propria quota nella societa' di brokeraggio Smith Barney. Senza questa operazione, il gigante statunitense avrebbe registrato una perdita operativa stimata sui 62 cent ad azione, il doppio di quanto previsto dagli analisti. Citigroup, che nel secondo trimestre del 2008 aveva perso due miliardi e mezzo, ha inoltre denunciato un aumento dei costi del credito pari all'81% e forti perdite nei comparti trading e real estate. Nei prossimi giorni la banca dovrebbe finalizzare la conversione in azioni dei 45 miliardi di fondi Tarp ricevuti, il che equivarrebbe di fatto ad una parziale nazionalizzazione.
E' invece pari a 3,2 miliardi di dollari l'utile dichiarato da Bank of America, un gigante sulle cui spalle pesa la controversa acquisizione di Merrill Lynch, secondo alcuni frutto delle pressioni poltiche dell'ex segretario al Tesoro, Henry Paulson, e del numero uno della Fed, Ben Bernanke. Anche in questo caso, pero', si tratta di profitti legati ad eventi ben precisi, quali la cessione di una quota di China Construction Bank, che ha fruttato 9,1 miliardi lordi, e un rimborso fiscale non specificato. La realta' dei fatti e' molto meno rosea. Kenneth Lewis, Ceo di Bank of America, ha avvertito che il secondo semestre sara' decisamente piu' duro, a causa della crescita delle sofferenze legate alle carte di credito e ai mutui. Secondo il 'Wall Street Journal' l'istituto - al quale, sulla base dei risultati degli 'stress test', e' stato proibito di rimborsare i 45 miliardi ricevuti dal Tarp - sarebbe inoltre sotto osservazione speciale da parte delle autorita' Usa, che nutrono forti apprensioni sul fronte della gestione del rischio e della liquidita'.
Le trimestrali delle regine di Wall Street hanno comunque scatenato sulla borsa newyorchese un'onda di euforia in netto contrasto con la realta' dipinta dai dati macroeconomici, che parlano di un paese con un tasso di disoccupazione al 9,5%. Nella settimana in oggetto il Dow Jones ha guadagnato il 7,33%, lo S&P 500 il 6,97% e il Nasdaq il 7,44%. L'orso potrebbe pero' svegliarsi presto. Sta diventando infatti sempre piu' concreta la possibilita' che Cit, gruppo specializzato nel credito alle aziende, sia costretta a dichiarare bancarotta. Washington non la considera di importanza sistemica, e la societa', in grave crisi di liquidita', non e' ancora riuscita ad ottenere dalla Federal Deposit Insurance Corp i finanziamenti richiesti. Secondo la Casa Bianca di Cit si puo' fare a meno perche' esistono sul mercato altre banche in grado di fornire lo stesso genere di credito. Ma le conseguenze di un simile crac sull'universo delle piccole e medie imprese potrebbero essere devastanti.