(15 ottobre) - "Non credo nella neutralita' ma credo nell'equita'. L'Onu a mio avviso deve sparire come e' stato con la Societa' delle Nazioni prima della Seconda guerra mondiale: non si puo' essere neutrali di fronte ad uno stupro". Va giu' pesante Danis Tanovic, regista bosniaco premio Oscar 2002 con "No man's land" che presenta stasera in apertura del quarto Festival internazionale del film di Roma il suo ultimo lavoro, "Triage", con Colin Farrell, Paz Vega, Christopher Lee e Branko Djuric. Tanovic racconta la guerra, ma stavolta il protagonista e' un inglese, un fotoreporter a caccia di immagini forti ed esperto di scenari di guerra. L’uomo vive con l'inseparabile amico e collega un'esperienza traumatica e terribile nel Kurdistan massacrato da Saddam Hussein del 1988. Tornato a casa riesce solo in maniera traumatica e con l'aiuto di un medico ex franchista a rivivere l'orrore e (forse) a tornare in pace con se stesso. Tratto dall'omonimo romanzo dell'ex corrispondente di guerra Scott Anderson, "Triage" e', secondo Sir Christopher Lee, presente a Roma col regista e gli attori Paz Vega e Branko Djuric, "uno dei migliori film sulla guerra che abbia mai visto" perche' racconta la storia di "un fotografo, un uomo che non fa il soldato di mestiere". Inoltre, aggiunge Lee, "e' un film che si legge su due livelli, uno e' quello che vediamo della guerra. L’altro e' quello di chi non sa nulla e ignora cosa accada in un conflitto". Il regista, che ha combattuto durante la guerra nella ex Jugoslavia e ha vissuto sulla propria pelle i massacri e le sofferenze del suo popolo, confessa durante l'incontro con la stampa che !fare un film sulla guerra e' doloroso e riapre vecchie ferite. Per questo – aggiunge – non volevo affatto fare 'Triage'. Inizialmente non volevo neppure leggere il libro. Poi l'ho fatto e ho pensato di scrivere la sceneggiatura, ma non avevo intenzione di dirigerlo". Alla fine, per fortuna, ha cambiato idea anche con "l'intervento di Sidney Pollak che mi ha detto che questo film avrei proprio dovuto dirigerlo io". Tra le ferite che non si rimargineranno che Tanovic si porta dietro ci sono quelle legate alla guerra. E il regista non perdona all'Onu di aver deciso l'embargo delle armi dopo che la Serbia "aveva fatto in tempo ad armarsi, penalizzando cosi' solo uno dei due popoli in conflitto". La neutralita' delle Nazioni unite e' qualcosa che Tanovic non ha mai accettato. "E' assurdo essere neutrali perche' questo spesso significa essere immobili e non intervenire. In Bosnia – aggiunge – e' successo uno stupro: e' stato come se una donna fosse stuprata e un soggetto esterno, che si professa neutrale, decidesse di legarla e poi di darle un cioccolatino lasciando che lo stupratore continui il suo scempio. Non credo che l'Onu possa esistere ancora a lungo – conclude – non ha senso come non aveva senso la Societa' delle Nazioni che esisteva prima della Seconda guerra mondiale".