Presidente Ciucci, il consiglio di amministrazione di Anas ha approvato il bilancio 2008 che è stato ratificato dall’azionista: qual è il risultato?
Anas chiude il bilancio con un utile di 3,5 milioni di euro, utile che sale a 5 milioni a livello consolidato, di gruppo. Un risultato che corona tre anni di impegno continuo: questo cda, che conclude il suo mandato, nel 2005 aveva ereditato conti in rosso per 500 mln di euro, oggi siamo in attivo; non posso che essere soddisfatto.
E’ solo un problema di costi e ricavi?
Non solo. Abbiamo certo aumentato i ricavi, perché siamo sempre di più una società che opera sul mercato ed abbiamo sicuramente tagliato i costi, basti pensare alla spesa per consulenza, scesa dai 20 milioni di euro del 2005 a un solo milione nel 2008. Ma abbiamo lavorato moltissimo sul piano dell’efficienza, aprendo nuovi cantieri e chiudendone molti prima della scadenzaa fissata. Poi abbiamo migliorato la qualità del lavoro, ottenendo una certificazione internazionale. E, soprattutto, abbiamo svolto con il massimo impegno il nostro ruolo istituzionale: fare appalti. Per due anni consecutivi, nel 2007 e nel 2008, risultiamo la prima stazione appaltante del Paese.
In pratica questo cosa vuol dire?
Vuol dire che Anas dà lavoro, vuol dire che crede – e molti economisti che non la pensavano così dovrebbero fare un mea culpa – nel principio che la realizzazione di infrastrutture ‘utili’ fa bene all’economia. In due modi: le opere pubbliche, ripeto quelle utili, sostengono la domanda, danno lavoro e quindi distribuiscono reddito e aumentano la ricchezza; inoltre si colma il ‘gap’ infrastrutturale del Paese, aumentandone la competitività.
Quali sono le tappe più significative di questi tre anni che hanno portato al risanamento dell’Anas?
Le cifre sono significative, anche se non sono tutto. Il nostro utile di bilancio è contenuto, ma abbiamo il compito istituzionale di investire, di spendere nel miglior modo i soldi pubblici per dotare il Paese di infrastrutture, di strade e di mantenerle in efficienza. Anas gestisce qualcosa come 25.000 km di strade: averle in buono stato vuol dire non depauperarne il valore , ma vuol dire anche elevarne gli standard di sicurezza. Il miglioramento dei conti, insomma, sta a significare che Anas ha compiuto una vera e propria metamorfosi :da Direzione generale di un ministero, con tutti gli intralci burocratici che ciò comporta, a società per azioni che si misura sul mercato. Una trasformazione che ha richiesto di riorganizzare la società, di riscriverne completamente la governance, di affinarne gli aspetti legali, di far fare un salto di qualità all’intera struttura tecnica ed operativa. Anas ha ora al suo interno un staff di engineering che consente la realizzazione di un progetto dalla A alla Z. E i risultati attestano l’impegno profuso: abbiamo chiuso un centinaio di cantieri e ne abbiamo aperti altrettanti; attualmente ne abbiamo 150 operativi. In Liguria, tanto per fare un esempio, abbiamo realizzato un tunnel stradale con un anticipo di 6 mesi: un’opera da 50 mlioni di euro.
Tutti i problemi sono alle spalle, dunque?
Certamente no, ma li stiamo affrontando. Tuttavia quello che mi piacerebbe risolvere più di tutti non è un problema tecnico, né economico. E’ riuscire a superare il pregiudizio che c’è ancora sull’Anas come ‘cosa pubblica’ ma non nel senso che è di tutti ma, paradossalmente, di nessuno. Un concetto di pubblico che è dannoso per il Paese, che alimenta qualunquismo e autolesionismo. Certo l’Anas è un ‘gigante’ che per muoversi ha bisogno del tempo necessario. Non si misura con il breve termine e molti sono i problemi ancora aperti. Ma in soli tre anni abbiamo dimostrato che si può cambiare pelle, che si sta metabolizzando il passaggio da pubblica amministrazione ad impresa. Di questo non posso che essere orgoglioso.
Antonio Lucaroni