di Daniele Atzori
Le elezioni giordane del 9 novembre scorso si sono concluse con una larghissima vittoria delle forze moderate e lealiste nei confronti della monarchia di Re Abdallah II. La nuova Camera dei Deputati (Majlis al Nuwab) è composta in maggioranza di candidati pro-governativi e di rappresentanti delle tribù, che sostengono la politica filoccidentale giordana. Dei 120 nuovi parlamentari, solo 17 provengono da forze di opposizione e ben 78 entrano in Parlamento per la prima volta. Nella nuova Camera, siederanno anche 13 donne, 12 delle quali elette grazie al sistema delle quote rosa.
Prima delle elezioni, erano in molti a temere l'astensionismo. A conti fatti, il 53% dei giordani si e' recato alle urne, percentuale che scende però al 34% nella capitale Amman. Il primo ministro Samir Rifai e il ministro dell'interno Nayef Qadi si sono detti comunque soddisfatti dell'affluenza, dal momento che la maggioranza dei giordani ha dimostrato la propria fiducia nei confronti delle istituzioni.
In parte, l'astensionismo è da attribuirsi alla decisione di alcune forze di opposizione, tra cui spicca il partito islamista Islamic Action Front Party, espressione politica dei Fratelli musulmani, di boicottare le elezioni. Gli islamisti, infatti, avevano accusato la nuova legge elettorale di sfavorire le grandi e popolose circoscrizioni urbane di Amman in favore delle meno densamente popolate circoscrizioni delle aree rurali. La capitale Amman vanta, infatti, una forte presenza di cittadini giordani di origine palestinese, alcuni dei quali si identificano con difficoltà con lo stato giordano. Anche la città di Zarqa, abitata da un numero consistente di giordani di origine palestinese, è considerata una roccaforte islamista.
Al contrario, al di fuori di Amman la popolazione è prevalentemente di origine transgiordana (dunque non palestinese) e tradizionalmente più favorevole alle istituzioni. Quindi, non è un caso che la partecipazione al voto sia stata alta
fuori da Amman e più bassa nella capitale. D'altronde, il tentativo
dell'opposizione islamista di rivendicare la rappresentanza dei giordani che non sono andati a votare è decisamente poco convincente.
I Fratelli musulmani giordani hanno goduto, fino agli anni '90, di un largo seguito tra la popolazione, sia di origine giordana sia di origine palestinese. Il loro atteggiamento moderato (in confronto a quello di altri movimenti islamisti della regione mediorientale) faceva ipotizzare ad alcuni osservatori la possibilità della trasformazione degli islamisti in una sorta di "cristiano-democratici" dell'Islam, ovverosia un partito liberaldemocratico conservatore di ispirazione religiosa. Tuttavia, questa trasformazione non ha avuto luogo; al contrario, il movimento islamista è stato egemonizzato da componenti radicali, vicine all'Hamas palestinese.
La radicalizzazione degli islamisti ha provocato una notevole perdita di consenso del partito nella società giordana. Inoltre, la marginalizzazione degli islamisti ha aumentato la conflittualità interna del movimento, che si trova oggi diviso in numerose correnti. La decisione del partito islamista di boicottare le elezioni è un'ulteriore dimostrazione della sua debolezza, oltre che della sua incapacità di integrarsi compiutamente nel processo democratico.
I Fratelli musulmani e le altre opposizioni che si sono rifiutate di
partecipare al voto avrebbero infatti potuto domandare l'emendamento della legge elettorale in Parlamento, come ha affermato il commentatore Nehad Ismail.
Il governo giordano ha tentato in tutti i modi, prima delle elezioni, di scongiurare il boicottaggio. Tuttavia, gli islamisti sono oggi, per propria scelta, una forza extra-parlamentare; non pochi temono che un simile atteggiamento possa contribuire ad una loro ulteriore radicalizzazione.
L'opposizione islamista ha denunciato la presenza di irregolarità e brogli elettorali; accusa, però, smentita dai 250 osservatori internazionali che hanno dichiarato che il voto si è svolto in maniera regolare. A vegliare sulla regolarità del voto non sono stati solo gli osservatori internazionali, ma anche la società civile, sempre più attenta e critica, come dimostra il forte appello alla trasparenza rivolto alle autorità dall'intellettuale giordano Amer Al Sabaileh.
In conclusione, le elezioni parlamentari della settimana scorsa danno vita ad un Parlamento moderato, che costituisce una garanzia di stabilità nella regione mediorientale. La sfida delle istituzioni giordane consiste ora nel dare voce e rappresentanza anche a tutti coloro che non sono andati a votare.
16 novembre 2010