(di Ilaria Conti)
Un Paese in cui i giovani sono “invisibili” e il governo che non si occupa dei problemi del lavoro, con una finanziaria tutta “depressiva” e non orientata al futuro. La nuova leader della Cgil Susanna Camusso ha le idee chiare sulla situazione del Paese nella difficile fase di uscita dalla crisi e per questo portera’ in piazza migliaia di persone sabato prossimo con l’obiettivo prioritario di ottenere ‘un piano per il lavoro’. Ma non e’ solo l’occupazione il tema che preoccupa la Camusso: dalla sinistra troppo concentrata su un dibattito interno “infinito”, al peggioramento della condizione femminile. La segretaria generale della Cgil, chiede una svolta su piu’ fronti perche’ non c’e’ piu’ tempo da perdere.
Perche’ sarete in piazza sabato 27 novembre?
Sabato saremo in piazza a Roma con lo slogan “Il futuro e’ dei giovani e del lavoro” per chiedere subito al governo il piano per il lavoro. Le ragioni che ci hanno portato a manifestare sono principalmente due. Il non governo della crisi in questi due anni ha portato, come effetto immediato, la disoccupazione giovanile a schizzare a livelli che non ci ricordavamo piu' ‘da secoli’. La seconda ragione e’ che le 'non politiche' stanno determinando per i giovani in generale e purtroppo anche per gli occupati e per i precari, un grande debito sul loro futuro. Questo paese sta costruendo tante marginalita' e solo marginalita'. In un paese come il nostro che chiede ai giovani di essere invisibili vorremmo invece proporre ai giovani di diventare visibili.
Dopo questa manifestazione sara’ sciopero generale?
C’e’ un sottofondo insopportabile che apparirebbe voler dire che la Cgil non fa le lotte. Io riparto da due anni di mobilitazione intensa e tre scioperi generali fatti, quindi non ho nessuna preoccupazione sul fatto che non ci siamo mobilitati. E proprio i tre scioperi dimostrano che lo sciopero si fa quando necessario, quando si risponde a un esigenza generale dei lavoratori e quando si puo’ portare a casa un risultato.
Che giudizio da’ alla nuova finanziaria?
E’ una manovra senza crescita e con effetti depressivi. Le misure per favorire la crescita proprio non ci sono e questo e’ il vero problema. E’ lo stesso giudizio che abbiamo dato a giugno, sulla manovra estiva. Sono state inserite delle misure che non hanno uno sguardo al futuro in un Paese che sta gia’ male.
I problemi all’interno dell’esecutivo non sembrano risolversi: meglio un governo tecnico o il voto?
Non ci lanciamo nel gioco delle formule. Il paese ha bisogno di una straordinaria agenda che si occupi del lavoro. Valuteremo la situazione in ragione di questa agenda. Ma un governo che continua a fare le politiche che ha fatto questo governo e' meglio che vada a casa, perche' il ritardo che si accumula diventa sempre piu' preoccupante. Comuque questo governo non ha avuto attenzione ai problemi reali del Paese e del lavoro e questo porta a un’idea di declino e di degrado.
Il centro-sinistra non e’ riuscito a rappresentare una valida alternativa?
Credo che ci sia un problema anche a sinistra: lo schieramento progressista invocando una modernita' ha ridotto la sua capacita' di radicamento tra le persone e ha cosi’ favorito il dibattito sulle persone e non sui programmi. I partiti di centrosinistra si sono persi in un dibattito infinito su se stessi e poco ‘sul che fare’. Una situazione assurda, perche' mentre il centrodestra apparentemente parlava ‘del che fare’ e in realta' difendeva se stesso, il centrosinistra non rendeva visibile il suo programma.
Per la riforma fiscale il governo punta sul quoziente familiare. E’ la giusta soluzione?
No. Il quoziente famigliare e' un pericolo per il lavoro femminile ed e' un fattore di incremento delle diseguaglianze. E’ evidente che tu non puoi avere una politica uguale in ragione della dimensione della famiglia che tu guadagni mille euro al mese o centomila. Si deve invece ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese, tassando le rendite e i patrimoni.
Che risponde alla Fiom chiede alla Cgil di abbandonare il tavolo sulla crescita con Confindustria?
E’ un tavolo che prova a esplorare se le parti sociali sono in grado di avere proposte e obiettivi comuni rispetto a un tema che tutti abbiamo dichiarato cioe’ che il problema di questo paese e' cominciare a crescere. Il fatto stesso che le parti sociali ne debbano discutere dice che c'e' una critica a quanto il governo ha fatto. Alla Fiom dico che non ci si puo’ ritirare sull'Aventino e non discutere. Non si puo’ decidere a priori che non siamo piu' un soggetto. E’ il merito che decide se si possono fare intese o no.
La condizione delle donne sembra essere peggiorata negli ultimi tempi, e’ d’accordo?
Siamo molto arretrati, il Paese e' tornato a pulsioni primitive pre-emencipatorie. Tutto questo e’ favorito da un premier che dovrebbe essere da esempio e che ha invece volutamente cercato di sollecitare i peggiori istinti: un’idea della donna come merce, come oggetto da consumare da parte di vecchi satrapi. Poi c'e' un tema piu' generale che riguarda questo paese e la sua cultura. E’ un paese abituato a pensare che la scena pubblica e' solo degli uomini e che quindi quando tocca alle donne stare sulla scena pubblica il metro di giudizio e' differente: si chiede alle donne di essere doppiamente brave, di fare sempre una doppia fatica perche' non devono dimostrare di essere brave quanto gli uomini ma piu' degli uomini.
Il ministro del Welfare propone il passaggio allo Statuto dei Lavori, e’ una novita’ positiva?
E’ un obbrobrio e ha in se’ una voglia punitiva nei confronti del lavoro, una logica neocorporativa assolutamente insopportabile: le parti sociali si mettono d'accordo su che cosa deve legiferare il parlamento attraverso una sottrazione al parlamento del diritto di decidere perche' si chiede la delega. Non ho poi mai visto un film per cui un ministro chiede una delega per decidere cosa e' diritto e cosa non lo e'.
Con la Fiat i problemi non sono ancora risolti?
Noi vorremmo che la Fiat apra una discussione vera sul piano industriale, e in questo ha senso una discussione con noi. Questo invece e' quello che continua a mancare per le scelte di Marchionne e perche' non c'e' una politica di governo che sia in grado di interloquire con le imprese rispetto ai temi della politica industriale. Vorrei che la Fiat rendesse disponibile un luogo in cui di questa famosa ‘Fabbrica Italia’ sia possibile discutere.
20 Novembre 2010