Poco piu' di trent'anni fa per la sinistra in Occidente Pol Pot non era l'incarnazione di una dittatura feroce, ma un astro nascente del marxismo. Tanto che il 12 agosto 1978 una delegazione svedese arriva a Phnom Penh per monitorare il governo di Pol Pot e dei suoi Khmer Rossi. Durante la visita gli osservatori umanitari non si accorgono dell'eccidio in corso. Com'e' stato possibile? Cosa sarebbe successo se l'Occidente avesse saputo cosa realmente stava succedendo in Cambogia?
Sono le domande che si pone Peter Frober Idling ne "Il sorriso di Pol Pot", un volume edito da Iperborea in uscita in Italia. Idling, che parla khmer, e' andato in Cambogia 30 anni dopo il viaggio di quella delegazione, guidata Jan Myrdal, uno dei piu' influenti intellettuali svedesi del suo tempo, figlio dei premi Nobel Alva e Gunnar Myrdal. Tra i pochissimi stranieri a cui e' stato consentito l'ingresso nel paese dove si e' verificata la rivoluzione comunista piu' radicale a cui il mondo abbia mai assistito, i quattro svedesi non si accorgono di cio' che sei mesi fu visibile sei dopo: nel corso dei tre anni e mezzo nei quali Pol Pot e' stato al potere, quasi due milioni di persone (corrispondenti a un quarto della popolazione) sono stati giustiziati o sono morti di fame, in schiavitu'. A Idling, gironalista freelance, l'Agi ha posto alcune domande, nel giorno della condanna a 35 anni di carcere inflitta a Kaing Guek Eav, alias "il compagno Duch", nel cui carcere morirono 14.000 detenuti. Si tratta della prima sentenza per crimini contro l'umanita' compiuti dai khmer rossi.
Cosa significa "Il sorriso di Pol Pot"? Cosa c'era dietro quel sorriso?
L'uomo Pol Pot era ingannevole. Non propugnava il culto della personalita' come altri dittatori, non faceva discorsi alle folle, non pubblico' opere teoriche. Molta della gente che lo incontro', lo trovava simpatico e convincente. E molti raccontavano del suo affascinante sorriso. Dietro quel sorriso c'era il piu' incapace e brutale regime del Ventesimo secolo. Il titolo del libro, di conseguenza, si riferisce alla facciata seduttiva di una orribile macchina del terrore.
Il sorriso di Pol Pot ha ingannato milioni di persone. Com'e' potuto accadere?
E' sempre facile essere avveduti retrospettivamente. In quel periodo si credeva fortemente alle visioni utopistiche e alle vie diverse di organizzazione della societa'. Pol Pot rappresento' da un lato la promessa di un mondo piu' giusto, dall'altro i khmer rossi erano l'unica alternativa al regime corrotto e filo-americano di Lon Nol. Oggi e' facile vedere i segni di una catastrofe che si avvicinava, ma nel 1970 si era portati a focalizzarsi sugli aspetti positivi della situazione.
Lei e' tornato in Cambogia 30 anni dopo la fine del regime di Pol Pot. Che impressione ne ha avuto. Cosa ha lasciato quella dittatura cosi' sanguinosa?
La Cambogia e' segnata, com'e' ovvio, da quella terribile catastrofe. Dobbiamo tener conto che il Paese fu bombardato con durezza dagli Stati Uniti prima della rivoluzione e poi occupato dal Vietnam dopo Pol Pot. Vi furono due guerre civili.La tragedia della Cambogia va dal 1969 al 1998, quando i khmer rossi furono definitivamente sconfitti. La societa' era scossa, le persone combattevano l'una contro l'altra, enormi quantita' di individui hanno perso la vita. Oggi, comunque, la Cambogia ha una popolazione giovane, gode di una crescita economica ed e' ottimista sul proprio futuro.
Il suo e' un libro sulle ideologie e sulla loro capacita' di rendere ciechi di fronte a cio' che accade sotto il proprio naso. Puo' succedere ancora?
Certo, puo' succedere ancora. Il problema e' cercare di guardare a cio' che non vedi. Ma, naturalmente, le generazioni future ci chiederanno: "Perche' non avete fatto qualcosa?" Le dittature in Birmania e nella Corea del Nord, l'embargo a Gaza, l'apartheid contro le donne in Arabia Saudita? Si', puo' succedere ancora.