Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi, il gioielliere ucciso dai Pac (i Proletari Armati per il Comunismo) nel 1979, chiede di essere ascoltato dai giudici del Supremo Tribunale Federale del Brasile, che devono decidere sulla richiesta di estradizione di Cesare Battisti. "Credo che sarebbe corretto sentire la voce delle vittime: vorrei andare in Brasile, insieme agli altri familiari di vittime, per esporre le nostre ragioni. Troppo spesso si fa confusione, parlano tutti, ma non le persone interessate. Ma come si fa a giudicare in buona fede, senza aver sentito tutte le parti? Andare in Brasile, poter spiegare quel che realmente e' accaduto, sarebbe anche il modo per far capire ai brasiliani le cose come stanno. Anche se i brasiliani, mi risulta dai sondaggi che si siano gia' fatti un'idea efficace, visto che il
Nelle ultime settimane la vicenda e' sembrata complicarsi. All'inizio di settembre, dopo 12 ore di camera di consiglio, i giudici brasiliani hanno rinviato la sentenza, in un momento in cui l'estradizione sembra ormai quasi cosa fatta. Poi il presidente Inacio Lula da Silva ha designato nel Tribunale Jose Antonio Toffoli, un magistrato vicino al Partito dei Lavoratori al governo e all'ex guerrigliero Jose' Dirceu. "Difficile fare un quadro di quello che sta succedendo, ma gli avvenimenti portano a pensare che si cerchi un modo per rinviare l'estradizione". Battisti ha sempre detto che e' innocente e che il colpo che l'ha costretta su una sedia a rotelle, parti' dalla pistola di suo padre... "E cosa c'entra?", replica Torregiani. "Battisti non faceva parte del commando, ma e' una questione di responsabilita': e' stato condannato per aver compartecipato alla decisione, per esser stato il mandante dell'omicidio, e quello che conta sono le intenzioni. Voleva fare del male e adesso se ne deve assumere la responsabilita'. Del resto, anche Toto' Riina e' stato condannato per decine di omicidi, ma materialmente ne avra' commessi uno o due. E se Battisti e' innocente, lo dimostri concretamente: al suo fianco, sostenitori della sua innocenza, c'e' gente del calibro di Bernard Henry Levi o del ministro della Giustizia brasiliano, Tarso Genro, e forse dello stesso Lula. Al suo fianco ci sono persone che sono sicuramente nelle condizioni di poterlo aiutare".
Battisti ha detto piu' volte che teme per la sua vita, se dovesse tornare in Italia. "Ci penso spesso e mi chiedo: su che basi lo dice, cosa ha da nascondere? Se va in galera ed e' uno dei tanti, alla gente non importa nulla". La mancata estradizione avra' pero', a giudizio di Alberto Torregiani, sostanziali ripercussioni nei rapporti tra Italia e Brasile: "Quando gli fu concesso l'asilo politico, scoppio' una crisi diplomatica tra i governi che porto' al richiamo dell'ambasciatore italiano. Io non so nulla di relazioni internazionali, ma credo che se non dovessero concedere l'estradizione, si scatenerebbe una crisi con conseguenze ben pesanti. Del resto, cosa c'e' dietro Battisti, chi sono i suoi cosiddetti 'amici' o 'fratelli' che lo difendono a spada tratta, come se fosse Che Guevara o Giovanna d'Arco? Mi chiedo che cosa spinga un ministro brasiliano a muoversi con tanta decisione; nulla mi vieta allora di pensare al grosso accordo di collaborazione bellica, firmato di recente da Francia e Brasile o magari ad altri interessi. Nessuno fa niente per niente". Autore di un libro ("Ero in guerra ma non lo sapevo") in cui ha raccontato la sua esperienza, Alberto Torregiani e' da poco entrato in politica (e' responsabile Giustizia del Movimento per l'Italia di Daniela Santanche') proprio con l'obiettivo di portare alla ribalta la sua battaglia per la certezza della pena.
Ottobre 2009