MAZZINI SOGNAVA UNA RIVOLUZIONE GUIDATA DAI FINANZIERI
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MAZZINI SOGNAVA UNA RIVOLUZIONE GUIDATA DAI FINANZIERI

MAZZINI SOGNAVA UNA RIVOLUZIONE GUIDATA DAI FINANZIERI

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(AGI) - Torino, 13 gen. - (di Nicola Graziani) - Mazzinisognava un'Italia in giallo-verde, tanto da spingere uno suostretto collaboratore a scrivere quello che oggi si chiamerebbe"un documento programmatico" in cui si prevedeva l'assegnazionealla Guardia di Finanza delle funzioni di corpo avanzato dellarivoluzione. A spingere i mazziniani verso quello che sulla cartaavrebbe potuto essere uno strumento della repressioneantiliberale era stata la partecipazione di molti finanzieri aimoti del 1821. Ma non solo: quello del 1821 non fu infattil'unico episodio di partecipazioni attiva al Risorgimento daparte delle guardie di finanza. Se i finanzieri piemontesi non ebbero altre occasioni peresprimersi, in quanto il loro reparto venne sciolto, le guardiedegli altri Stati della penisola parteciparono in vario modoalle vicende. "Che molti finanzieri fossero affiliati allesette - ha scritto una volta lo storico del Corpo Sante Laria -che nelle milizie doganali fossero restati e germinassero i semi del patriottismo e del liberalismo, e' indubitabilmenteprovato, cosi' dagli atti delle polizie di quel tempo, in cuisi trovano tracce frequenti di finanzieri d'ogni gradosospettati carbonari, come dagli avvenimenti ulteriori, ne'quali gli stretti rapporti di fratellanza che correvano fraquel soldati e 1 partiti della rivoluzione Italiana, sirivelarono In un'azione solidale e concorde". Nell'agosto 1825 il cardinale Rivarola condannava inRavenna cinquecento presunti carbonari: fra questi vi erano ilcaporale della Truppa di finanza Vincenzo Rossi (condannatoalla "galera in perpetuita'", il caporale Giuseppe Ferretti eil finanziere Giovanni Tosi. L'anno successivo, In un elenconominativo degli individui appartenenti alla forza armatacondannati per attivita' antigovernative, compaiono 27finanzieri su un totale di 255 militati delle varie armi.Durante i moti del 1831, la maggior parte degli uomini delleguardie di finanza furono accanto agli insorti, condividendoneil destino, tanto che l'anno successivo, in una nota delgoverno pontificio dove si lamentavano le difficolta' nelmantenere l'ordine pubblico, era scritto: "dalla Truppa difinanza non puo' esigersi alcun concorso nel servizio dipolizia, giacche' si e' a dubitar molto della sua fedelta'".Nel 1847, durante la felice stagione che accompagnava i primianni del pontificato di Pio IX, le scuole civiche forlivesioffrivano una bandiera al finanzieri toscani e Aurelio Saffi,il futuro triumviro della repubblica romana, accompagnava ladonazione con un discorso in cui diceva: "Le scuole civicheforlivesi vi donano per le mie mani, o generosa Guardia difinanza, questa bandiera. Essa e' il vincolo che oggi In Italiariannoda popoli e popoli, governi e governi, popoli e governifra loro: dinanzi a lei vengono le antipatie, le contrarieta',gli urti delle diverse province, delle diverse classi, dellediverse opinioni. Tutto si concilia, tutto volge a concordia, atolleranza, a moderazione, a civilta' nobile e forte". La prosa retorica di Aurelio Saffi tradiva entusiasmieccessivi, come di li a poco avrebbero dimostrato l fatti del1948 e l'involuzione del regime di Pio IX, ma la fiducia nellaGuardia di Finanza era condivisa anche da altri settoridell'intelligentsia italiana. Fra questi, va citato unpersonaggio singolare e poco noto, patriota della prima oralegato alla Giovane Italia e al Mazzini: Giuseppe Budini, unromagnolo nato nel 1804, di mestiere compositore tipografico.Esule a Parigi dopo i moti del 1831, animatore della sezioneparigina dell'"Unione degli operai italiani", pubblico' nel1843 un breve opuscolo preceduto da una prefazione del Mazzini,dal titolo "Alcune idee sull'Italia". Il contributo si inserivanel filone teorico della guerra partigiana, dimostrandoparticolare sensibilita' al problema centrale della democraziarisorgimentale, e cioe' al rapporto tra masse popolari erivoluzione nazionale, ma dava anche dello precise indicazionisull'organizzazione militare delle bande insorte: in questaprospettiva il Budini coinvolgeva le guardie di finanza. "Noi siamo d'avviso - scriveva nelle prime pagine - che letruppe di finanza dovrebbero formare il nucleo centrale delladifesa nazionale, che si estenderebbe lungo tutto l'Appennino ecosteggerebbe i due mari e il Po. I diversi governi che reggonole province d'Italia sono Infatti costretti, per le divisioniterritoriali, d'avere una quantita' di truppe di finanza, chepossiamo assicurare buone e animate dall'amor patrio il piu'puro: esse dovranno formare 1 primi quadri, ossia lo scheletrodelle bande nazionali. Su tutta la costa del Mediterraneo, comesu tutta quella dell'Adriatico, dove e' porto di mare e' pureuna dogana, con almeno dodici finanzieri. Una doppia catena didogane divide gli Stati della Chiesa da quella di Napoli, e siestende dal Mediterraneo all'Adriatico, traversandotortuosamente tutta quella parte della penisola; altra doppialinea di dogane separa gli Stati romani dalla Toscana, e questasi estende dalle vicinanze di Perugia fino ai confini delModenese; quest'ultima linea e' posta a cavalcionedell'Appennino e percorre uno spazio di 200 miglia: ogni cinquemiglia si puo' contare una dogana papale, con una dozzinaalmeno di finanzieri, piu' una brigata volante secondol'estensione del territorio. Tutte queste stazioni sonocomposte di giovani forti e coraggiosi, i quali percorrono dinotte e di giorno i monti piu' aspri e meno abitatidell'Appennino, per modo che sono avvezzi alla vita piu' sobriae la piu' faticosa che si possa dare. Altrettanto si puo' diredelle linee doganali che separano l ducati dall'Impero e chesono poste lungo 11 Po". A queste forze doganali, il teoricomazziniano affidava senza esitazioni il comando dellarivoluzione nazionale: "In ogni brigata di doganieri sirinverranno uno o piu' uomini esperti capaci di condurre unabanda, e questi cominceranno le prime offese della guerranazionale. Il popolo seguira' aggregandosi ai primi valorosi". L'impostazione del Budini appare ingenua, come tutte leriflessioni del democratici risorgimentali, tanto ricchi dientusiasmo e di idealismo quanto poco pragmatici e realisti.Rivela pero' come la Guardia di finanza delle diverse regionigodesse di una fama di patriottismo diffusa e accreditata: siache il ragionamento del Budini nascesse da precisi contatti conqualche ufficiale doganale, sia che si fondasse sulla semplice"voce comune", e' certo che i finanzieri del primo Ottocentocostituivano un riferimento per i movimenti risorgimentali, unserbatolo fidato di aderenti e di simpatizzanti pronti amobilitarsi alla prima occasione. Le vicende del 1848-49avrebbero dimostrato che questa fiducia era effettivamente benriposta e che i reparti delle guardie di finanza erano dispostiad offrire il loro contributo alla causa nazionale.(AGI)Nic
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