Wojtyla, uomo di pace non pacifista a ogni costo
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Wojtyla, uomo di pace non pacifista a ogni costo

Wojtyla, uomo di pace non pacifista a ogni costo

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(AGI) - CdV, 23 apr. - Le frasi piu' dure contro la guerraGiovanni Paolo II le ha pronunciate il 16 marzo del 2004 pertentare di scongiurare l'attacco alleato in Iraq. "Ioappartengo - affermo' prima dell'Angelus davanti a una grandefolla - a quella generazione che ha vissuto la seconda GuerraMondiale ed e' sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti igiovani, a quelli piu' giovani di me, che non hanno avutoquest'esperienza: 'Mai piu' la guerra!', come disse Paolo VInella sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tuttoil possibile! Sappiamo bene che non e' possibile la pace adogni costo. Ma sappiamo tutti quanto e' grande questaresponsabilita'. E quindi preghiera e penitenza!". "Faccioappello, in particolare, agli uomini e alle donne che hannoconosciuto nel secolo scorso le funeste guerre mondiali. Mirivolgo ai giovani che, per loro fortuna, quei conflitti nonhanno vissuto. A tutti dico: dobbiamo opporci con fermezzainsieme alla tentazione dell'odio e della violenza, che dannosolo l'illusione di risolvere i conflitti, ma procurano perditereali e permanenti. Il perdono, invece, che potrebbe sembraredebolezza, presuppone una grande forza spirituale e assicuravantaggi a lungo termine". "Il perdono, opponendosi all'istintodi rispondere al male con il male - spiego' ancora il Pontefice- e' un atteggiamento che, specialmente per i cristiani, haprofonde motivazioni religiose, ma si regge anche su basirazionali. Per tutti, infatti, credenti e non credenti, vale laregola di fare agli altri cio' che si vuole sia fatto a se'.Questo principio etico, applicato a livello sociale einternazionale, costituisce una via maestra per costruire unmondo piu' giusto e solidale". Nella precedente crisi irachenadel 1991, durante una visita alla parrocchia di Santa Doroteain Trastevere, parlando con i giornalisti di agenzia che loaccompagnavano, Wojtyla chiari' il significato della suacondanna di quell'intervento, affermando: "non sono unpacifista, nel senso che non voglio la pace ad ogni costo ma lapace nella giustizia". Ed infatti qualche anno dopo, nel corsodella crisi bosniaca dove la popolazione inerme venivamassacrata in nome della pulizia etnica, Giovanni Paolo IIdisse che era possibile "un'ingerenza umanitaria", maattraverso una forza di interposizone, non bombardando dalcielo. "In un mondo globalizzato, dove le minacce allagiustizia e alla pace si ripercuotono su larga scala a dannodei piu' deboli, si impone - ha poi affermato nel discorso delprimo gennaio 2002 - una mobilitazione globale delle coscienze.Il Grande Giubileo del Duemila ne ha posto le basi: non bisognascoraggiarsi di fronte alle prove della storia, ma perseverarenell'impegno di orientare nella direzione giusta le sceltepersonali, familiari e sociali, come pure le grandi linee dellosviluppo nazionale ed internazionale". Giovanni Paolo IIcredeva moltissimo nella possibilita' che il dialogo tra lereligioni potesse davvero costruire una pace stabile in TerraSanta come in Afroca e in altri scacchieri. "Siamo venuti adAssisi in pellegrinaggio di pace quali rappresentanti dellevarie religioni, per interrogarci di fronte a Dio - chiari' il24 gennaio 2002 nella ultima giornata di preghiera per la paceda lui stesso convocata nella citta' di San Francesco, doveBenedetto XVI ha invitato per il 26 ottobre prossimi i leaderreligiosi del mondo a 25 anni dal primo raduno - sul nostroimpegno per la pace, per chiederne a Lui il dono, pertestimoniare il nostro comune anelito verso un mondo piu'giusto e solidale". "Vogliamo recare - continuo' il Papapolacco - il nostro contributo per allontanare le nubi delterrorismo, dell'odio, dei conflitti armati, nubi che in questiultimi mesi si sono particolarmente addensate all'orizzontedell'umanita'. Per questo vogliamo ascoltarci gli uni glialtri: gia' questo - lo sentiamo - e' un segno di pace. C'e'gia' in questo una risposta agli inquietanti interrogativi checi preoccupano. Gia' questo serve a diradare le nebbie delsospetto e dell'incomprensione". "Le tenebre - Wojtyla losapeva bene, avendo vissuto la seconda guerra mondiale - non sidissipano con le armi; le tenebre si allontanano accendendofari di luce. Ricordavo alcuni giorni fa al Corpo Diplomaticoaccreditato presso la Santa Sede che l'odio si vince solo conl'amore. Ci incontriamo ad Assisi, dove tutto parla di unsingolare profeta della pace, chiamato Francesco. Egli e' amatonon solo dai cristiani, ma da tanti altri credenti e da genteche, pur lontana dalla religione, si riconosce negli ideali digiustizia, di riconciliazione, di pace che furono suoi". Ma rimarra' per sempre legato al ricordo di questo Papacoraggioso anche il pellegrinaggio del gennaio 1997 a Sarajevo,dove come ha ricordato Fabio Zavattaro nel suo libro "Lavaligia di Papa Wojtyla", "le forze di sicurezza trovarono,sotto un ponte, in una sorta di buca, un grosso quantitativo diesplosivo". "Riusciamo a vedere e a riprendere - scrive - ilmomento in cui l'esplosivo viene portato via dopo essere statodisinnescato il meccanismo che avrebbe potuto farlo esplodere.Il 12 aprile Papa Giovanni Paolo e passato proprio su quelponte per fare il suo ingresso a Sarajevo". "Attraversa ilviale dei cecchini, vede le distruzioni della guerra, perquesto si dichiara "pellegrino di pace e di amicizia", venutoper esortare al rifiuto della 'logica disumana della violenza'. (AGI) - CdV, 23 apr. - Un mese dopo il Papa era a Beirut,per l'altra missione di pace tenacemente perseguita (e piu'volte rinviata per il rischio di attentati). "Sarajevo-Beirut:vista da quest'altra parte - scrisse Angelo Scelzosull'Osservatore Romano - dalla parte di un Papa indomito dicoraggio e di amore - la capitale bosniaca e quella libaneseora evocano il battito nuovo del cuore di una pace che torna adessere speranza per la vecchia e stanca Europa e per tutto ilMedio oriente, alla vigilia di un nuovo millennio. Negli stessiluoghi calpestati e profanati dall'odio, Giovanni Paolo II e'andato a tracciare, di persona, dopo averlo spiritualmentepercorso passo dopo passo, il solco di un cammino nuovo. E'andato a far valere, sfidando protocolli di prudenza econvenienza, il diritto che, al di la' dei suoi stessi meriti,spetta ad ogni uomo: quello di sapere di essere amato. Di nonessere solo. E Giovanni Paolo II e' andato a Sarajevo e aBeirut per rafforzare - e semmai estendere a ogni dove - questodrammatico grido di pace". Con la pace, l'altro valore che ilPontefice polacco ha difeso con altrettanta tenacia e' statoquello della famiglia, per lui strettamente legato allacentralita' della persona umana ne' piu' e ne' meno della pace.Durante un nuovo ricovero al Gemelli, nel 1994, dopo unadolorosa operazione ed alla vigilia di una delicata conferenzainternazionale sul tema, quella del Cairo, il Papa defini' lesue sofferenze "un dono necessario". "Si doveva trovare il Papaal Policlinico Gemelli, doveva soffrire, come ha dovutosoffrire tredici anni fa (dopo l'attentato di Agca, ndr) cosi'anche in questo anno". "Tutto questo - affermo' - lo homeditato e lo ho ripensato di nuovo durante la mia degenza inospedale. E ho trovato di nuovo accanto a me la grande figuradel cardinale primate di Polonia Stefano Wyszynski, che all'inizio del mio pontificato mi ha detto: 'Se il Signore ti hachiamato, tu devi introdurre la Chiesa nel terzo millennio'. Hocapito allora che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questoterzo millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma hoanche visto che non basta: si doveva introdurla con lasofferenza con questo sacrificio nuovo. Perche' adesso perche'in questo anno, in questo anno della famiglia? Appunto, perche'la famiglia e' minacciata. La famiglia e' aggredita. Deveessere aggredito il Papa deve soffrire il Papa, perche' veda ilmondo che c' e' un Vangelo direi superiore: il Vangelo dellasofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzomillennio, della famiglia, di ogni famiglia e di tutte lefamiglie. Capisco che era importante avere questo argomentodavanti ai potenti del mondo. Di nuovo devo incontrare questipotenti del mondo e devo parlare: con quali argomenti? Mirimane questo argomento della sofferenza. E vorrei dire a loro:capite perche' il Papa e' di nuovo in ospedale, nellasofferenza. Capitelo! Ripensatelo!". (AGI).
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