La giovane regista palestinese Maysaloun Hamoud voleva "scuotere il sistema" con il suo film "Libere, disobbedienti e innamorate - In between". Ha fatto di più: l'opera ha indignato gli integralisti islamici e scatenato la loro ira e la regista, che ha ricevuto minacce di morte, assicura di essere "il bersaglio della prima fatwa palestinese da circa 70 anni".
Sex and the City si sposta a Tel Aviv
Perché tanta furia da parte degli integralisti palestinesi? L'opera d'esordio della regista racconta una Tel Aviv inedita, in cui si balla, si beve, si fuma marijuana e si parla di sesso, e che ricorda molto la New York di Carrie, Charlotte, Samantha e Miranda. Il paragone non è casuale: per molti critici il film è il "Sex and The City" arabo con più hijab - il velo islamico - e meno Manolo Blahnik, ma con la stessa ricerca di indipendenza e di felicità delle tre protagoniste: Leila, Salma e Noor.
- Leila è un avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato, rivelatosi presto ottuso e conservatore.
- Salma è una DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità.
- Noor è una studentessa musulmana osservante fidanzata con Wissam, fanatico religioso anaffettivo che non apprezza l'emancipazione delle coinquiline della futura sposa. Noor combatte contro il fidanzato e contro il conservatorismo della sua città d’origine, Umm al-Fahm.
Censura e minacce di morte, l'ira di Umm al-Fahm
Ed è proprio da questo centro non lontano da Tel Aviv, bastione in Israele del Movimento islamico, che sono arrivati i più feroci attacchi al film e alla regista. La stessa municipalità ha emesso un comunicato per condannare il lavoro di Maysaloun Hamoud, vietandone la proiezione nei cinema. Minacce di morte sono arrivate inoltre alla giovane regista e alle tre attrici.
"La violenza c'è ma io vado avanti"
“Sapevo che il film avrebbe fatto parlare, lo scopo era proprio quello di scuotere il sistema ma non pensavo si arrivasse a tanto”, ha raccontato la regista all’Hollywood Reporter. Il prodotto “è un’estensione dei miei valori e del mio attivismo. Mi sono sempre mossa in circoli diversi e credo che il cinema sia uno degli strumenti più forti per far cambiare idea alle persone”.
Quanto ad Umm al-Fahm – ha continuato la ragazza - la reazione “è stata particolarmente forte per vari motivi: moltissime persone che vivono li non sono fondamentalisti, ma tante lo sono. Nel suo discorso di critica il sindaco ha esordito con ‘ Non ho visto il film, ma…'. La pellicola è vietata, soprattutto alle ragazze. Stanno dimostrando con la pratica quello che ho cercato di spiegare nel film. Non potevo chiedere di più, le persone sono andate a vedere il film per capire il perché di tutta questa polemica”.
Le prime due settimane dopo le minacce "sono state assurde - continua la regista - non ero spaventata ma si respirava un forte clima di violenza. Ma dopo lo shock iniziale, l’intera comunità intellettuale si è fatta avanti. Molti critici hanno scritto che il film tratta argomenti mai discussi prima d’ora. E non ho intenzione di fermarmi”. "C'è una fatwa contro di me. non la emettevano dal 1948".
Tra "terra e mare"
Premiato all'Haifa International Film Festival e al Festival di Torono, il film interpretato da Mouna Hawa, Sana Jammelieh e Shaden Kanboura , raccoglie l’eredità di “Caramel” della libanese Nadine Labaki. In Italia il film arriverà nelle sale il 6 aprile. Il titolo originale, Bar Bahr, gioca sul duplice significato: in arabo "tra terra e mare", in ebraico "né qui né altrove".