(AGI) - Roma, 20 apr. - In Iraq e' mancata una riconciliazione nazionale, il sistema politico e' bloccato da settarismi e a pagarne il prezzo e' la societa' civile. Da qui, la necessita' di eliminare completamente ogni riferimento religioso nella formazione dell'esecutivo, a favore di un sistema democratico fondato sull'appartenenza nazionale, non religiosa o etnica. Questo l'auspicio di Jamal Al-Dhari, presidente del Peace Ambassadors for Iraq (Pafi), che a Roma ha parlato con l'AGI del delicato frangente politico che vive il Paese, che deve sconfiggere l'Isis ma anche darsi un governo che finalmente rinunci alle quote e divisioni settarie e a blocchi politici contrapposti.
Baghdad guarda con gratitudine all'Italia, partner che gode di una "posizione privilegiata nel nostro cuore". "Apprezziamo molto il rapporto con l'Italia". E a margine della "Iraq Crisis Conference" ospitata dal Centro Studi Americani, l'esponente politico iracheno sottolinea esplicitamente il "lavoro eccellente" che tecnici italiani svolgeranno a Mosul, dove la Trevi mettera' in sicurezza la diga.
"Spero che nei prossimi giorni ci sia una riforma, ma non sara' facile", aggiunge il presidente del Pafi, che e' tra i leader della tribu' al-Zoba, impegnata in passato in prima linea contro al-Qaeda. Tra gli ostacoli, il controllo esercitato dalle milizie, le "interferenze dell'Iran" e l'influenza giocata dal partito sciita Dawa, a cui appartengono rappresentanti del governo di ieri e di oggi e che ha un approccio settario. "Per questo - osserva al-Dhari - crediamo che la soluzione sia nell'eliminare completamente ogni riferimento religioso nella formazione del governo, perche' se consegniamo il governo a elementi fanatici sunniti non avranno pieta' degli sciiti e viceversa. Gli iracheni vogliono essere governati attraverso un sistema laico e che la religione rimanga lontana dal potere".
Al momento, a Baghdad "c'e' un sistema politico fallito, il Parlamento non svolge le sue mansioni, non c'e' governo, le confessioni utilizzano i ministeri come strumenti al loro servizio e c'e' un livello record di corruzione. Un sistema che ha sprecato l'opportunita' di offrire condizioni di vita dignitose al Paese" e di cui "noi paghiamo il prezzo". "Il sistema politico - prosegue - deve essere corretto basando la formazione delle istituzioni solo sull'appartenenza nazionale, non religiosa o etnica". In questa contesto si inserisce la minaccia del terrorismo. Per il presidente dell'associazione, l'invio di ulteriori truppe Usa "sara' utile ma da solo non sufficiente. I militari sono necessari ma bisogna anche cercare una possibile soluzione politica. E finora - denuncia - non abbiamo visto una strategia chiara per contrastare il terrorismo". Non basta bombardare dal cielo, sostiene Al-Dhari, e "non si puo' contrastare l'ideologia con i missili: piu' buttiamo bombe, piu' spingiamo le persone verso l'estremismo e la radicalizzazione".
A favore di una rappresentanza parlamentare e di governo inclusiva e' anche il sottosegretario agli Esteri, Vincenzo Amendola. L'Italia, sottolinea, e' impegnata in uno "sforzo decisivo", in particolare su tre fronti, la cooperazione allo sviluppo, la difesa e la cultura. "Le nostre forze militari, esercito e Carabinieri, tra Baghdad ed Erbil stanno addestrando le truppe che combattono il nemico comune", l'Isis. Senza dimenticare il grande investimento italiano per la protezione e tutela del patrimonio culturale iracheno, "antico come la civilta'", sotto attacco dei jihadisti. Non manca l'impegno a protezione della popolazione con i lavori alla diga di Mosul, "la prima in Iraq, la quarta di tutto il Medio Oriente, che rischia, in caso di crollo, di determinare una catastrofe umanitaria enorme".
Amendola non dimentica la preoccupazione italiana per le difficolta' interne irachene. "Da amico di questo Paese", sottolinea, l'Italia ritiene che la "giovane democrazia irachena debba anche discutere della minaccia di un'involuzione settaria nel mondo politico che potrebbe determinare rischi anche piu' drammatici se non vengono affrontati". Come ha ricordato il sottosegretario, "abbiamo sempre esortato le autorita' a lavorare su una riconciliazione che eviti suddivisioni settarie che nel recente passato hanno determinato un allontanamento dall'inclusione e dalla partecipazione al governo iracheno, come nel caso delle forze sunnite. E' rischioso per il presente - conclude - perche' serve unita' nella lotta al Daesh, ma anche per il futuro". (AGI)
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