(AGI) - Perugia, 8 apr. - "Dopo Snowden niente e' stato piu' come prima: i programmi di sorveglianza dei governi sono stati sempre piu' restrittivi. Paradossalmente aver reso pubbliche queste forme di controllo ha reso la vita piu' difficile a chi si occupa di giornalismo investigativo". Lo ha dichiarato Taylor Owen, ricercatore dell'Universita' della Columbia Britannica, in apertura del panel "Il giornalismo dopo Snowden: il futuro dell'informazione libera nell'era della sorveglianza" che si e' tenuto a Perugia per il Festival Internazionale del Giornalismo. Durante il talk, alcuni giornalisti d'inchiesta si sono confrontati su come le rivelazioni di Snowden relative ai programmi di sorveglianza governativi abbiano cambiato la professione. "Purtroppo - ha continuato Owen - la tecnologia ha limiti molto evidenti che non garantiscono la sicurezza nel nostro lavoro: la criptazione di cui disponiamo e' utile per la sorveglianza generalizzata, ma non per quella mirata. Un altro aspetto interessante e' che, prima di Snowden, c'era un perfetto allineamento tra i sostenitori dell'open web e i giornalisti investigativi. Oggi, invece, le piattaforme agiscono come filtri tra giornalismo e pubblico". Sulla stessa linea di pensiero Janine Gibson, direttrice BuzzFeed UK, che sostiene "l'impossibilita' di proteggere le fonti dopo il caso Snowden, perche' tutto e' diventato tracciabile per gli apparati di sicurezza. Fino a qualche anno fa i giornalisti, in America e Gran Bretagna, non sarebbero mai finiti in prigione. Oggi non si puo' piu' dire lo stesso, perche' il clima politico e' cambiato radicalmente. Ma nonostante la minaccia politica e tecnologica, il giornalismo investigativo sta andando bene. A BuzzFeed abbiamo un intero reparto che si occupa della sicurezza dei nostri dipendenti, ma non basta: per proteggerci e' indispensabile il supporto del nostro pubblico". (AGI)
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