(AGI) - Palermo, 19 lug. - Solo poche settimane prima la figlia Lucia aveva chiesto al Comune di Corleone, sciolto per infiltrazioni mafiose, il bonus bebe' e si era risentita dopo il no dei commissari prefettizi. E in effetti la figlia di Toto' Riina, milionaria come i genitori e i suoi fartelli, non ne aveva diritto. Oggi il colpo inferto dai carabinieri del Ros che hanno sequestrato aziende, immobili e conti correnti per un milione e mezzo di euro, compresa la villa dove la famiglia trascorse la latitanza. L'operazione e' scattata nel giorno del 25esimo anniversario della strage di Via D'Amelio di cui il padrino e' stato il mandante, ma anche in quello in cui i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Bologna hanno rigettato il ricorso presentato dalla difesa del capomafia sul differimento dell'esecuzione della pena. Riina, in precarie condizioni di salute e' detenuto in regime di 41 bis ed e' ricoverato all'ospedale Maggiore di Parma.
Avverte il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros: Riina "e' un capo certamente depotenziato sul piano fisico, ma che gli accertamenti, che sono recenti, confermano nell'indiscusso carisma, con un ruolo dietro le quinte, ma molto influente della consorte, Ninetta Bagarella".
Una persona, Ninetta Bagarella, "che incute rispetto per il cognome da sposata ma anche per quello da nubile, Bagarella. Per la sua grande capacita' di tenere coesa la famiglia piu' vicina a se' e la famiglia del suo mandamento. E' un personaggio la cui figura non e' stata probabilmente a fondo esplorata". Sicuramente, prosegue Governale, "Toto' Riina e' il capo dei capi e la famiglia mafiosa di Corleone, guidata da Salvatore Riina, ha un'importanza principale sul territorio".
Nello stesso giorno e' stato smantellato il potente clan mafioso di Brancaccio, gia' regno dei Graviano. Trentaquattro le persone arrestate da polizia di Stato e Guardia di finanza di Palermo, nell'ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia in Sicilia, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Liguria. Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti dei maggiori esponenti del mandamento, con il sequestro di numerose aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro.
Tra gli arrestati Giuseppe Lo Porto, fratello di Giovanni, il cooperante rapito da Al Qaeda nel 2012 e ucciso tre anni dopo in un blitz antiterrorismo. E' ritenuto uno dei fedelissimi del boss Pietro Tagliavia tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, incaricato della cassa e della distribuzione delle somme alle famiglie dei detenuti, proventi legati soprattutto alle estorsioni. L'operazione ha peraltro permesso di dimostrare il totale controllo di un gruppo imprenditoriale, divenuto leader nella vendita degli imballaggi industriali, particolarmente radicato in Sicilia e Toscana, in grado di sottrarsi sistematicamente al fisco e di realizzare fatturati annui di 50 milioni di euro. (AGI)
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