Cécile Kyenge è l’unica parlamentare europea di pelle nera e di origine africana: è sorprendente, in un'aula composta da 750 deputati provenienti da 28 paesi, soprattutto se si pensa che è stata eletta in Italia, dove la presenza di cittadini di origine africana è decisamente inferiore rispetto a quelli con un passato coloniale nel continente nero , la Francia, il Belgio, il Regno Unito. Kyenge è nata 52 anni fa nella Repubblica democratica del Congo, è arrivata in Italia nel 1983 per studiare medicina, è stata ministro dell’integrazione del governo Letta (fra il 2013 e il 2014) ed è diventata parlamentare europea per il Pd nel 2014.
Da allora, si occupa soprattutto di immigrazione, relazioni con l’Africa, lotta contro i pregiudizi razziali. Ma è anche impegnata nel Pd, a favore di Matteo Renzi segretario e di una rapida approvazione dello ius soli oltre che della nuova legge elettorale. E in Francia si riconosce nell'europeista Emmanuel Macron.
Kyenge: "Porto al Parlamento europeo la storia del pugile del Duce"
In questa intervista all’Agi, ha voluto prima di tutto spiegare perché ha deciso di portare al Parlamento europeo il documentario su Leone Jacovacci, il pugile nero a cui il regime fascista negò nel 1928 il titolo di campione europeo dei pesi medi per il colore della sua pelle. “E’ un punto di riferimento per tutti quegli italiani ed europei di seconda generazione che sono costretti a lottare anche oggi contro il razzismo”, ha osservato. “La lotta contro il razzismo è uno strumento della politica di integrazione. Dobbiamo fare un lavoro culturale sulla consapevolezza e l’accettazione delle differenze nella società e nelle istituzioni”.
Il pugile italo-congolese Leone Jacovacci sul ring negli anni '20
- Quindi, novant’anni dopo la “censura” del pugile, il razzismo esiste ancora?
“Sì, il razzismo esiste, così come l’afrofobia: ancora oggi ci sono episodi molto forti che lo confermano, in tutta Europa. Ma l’Italia non è un paese razzista: la mia presenza qui lo dimostra. Semplicemente, ci sono minoranze che urlano più forte e strumentalizzano il sentimento della paura per la diversità, facendo passare l’Italia per quello che non è”.
- Lei è stata ministro per l’integrazione e come eurodeputata si occupa molto della questione immigrazione. Come viene gestita dall’Unione europea, e che cosa pensa della polemica italiana sul ruolo delle Ong nella gestione dei flussi di migranti?
“Esiste una profonda crisi di solidarietà fra Stati europei, aumentata dalla logica elettoralistica di contrapposizione che ha un impatto terribile sul territorio e sfocia in paura e violenze. Ma a livello istituzionale, in Europa non c’è solo il Consiglio dei 28 paesi: il Parlamento è l’unica istituzione eletta dal popolo e ha presentato proposte lungimiranti, come la revisione del pacchetto di Dublino con la creazione di un sistema centralizzato per gli asili che eviti che sia sulle spalle dei soli paesi di approdo dei migranti. Quanto alle Ong, compiono da anni un lavoro di grandissima importanza: se non ci fossero loro, i morti sarebbero molti di più. Serve maggiore cautela: bisogna aspettare la fine delle indagini prima di puntare il dito, altrimenti avveleniamo un clima già incandescente su una questione così sensibile e in un momento cosi’ difficile. L’Italia ha fatto tantissimo, contrariamente a quanto dicono i populisti di casa nostra, facendo vedere la strada sulla ricerca e il salvataggio in mare, con Mare nostrum, e anche su quello che riguarda l’intervento sulle cause profonde, ricordo il Migration compact. Condanno le strumentalizzazioni come la polemica sulle Ong”.
- Come giudica la situazione in Francia a dieci giorni dal ballottaggio, con una candidata xenofoba come Marine Le Pen destinata a prendere moltissimi voti?
“I francesi sono consapevoli di quello che c’è in gioco. Se vince Marine Le Pen non perde solo la Francia, perde tutta l’Europa. Dobbiamo far capire ai francesi che l’Europa protegge e dà soluzioni, non è la fonte di tutti i guai. Le Pen ha lavorato sulla paura, l’odio, l’insicurezza, tutti valori negativi di cui non abbiamo bisogno. In questo momento mi riconosco in Macron, un europeista convinto che porta avanti un programma progressista, mentre il partito socialista francese non ha saputo interpretare il cambiamento”.
- Chi pensa che vincerà le primarie del Pd domenica?
“Non è un segreto: penso che vincerà Matteo. Renzi. Non dobbiamo fare l’errore dei socialisti in Francia. Dicendo Renzi e Martina mostriamo un pluralismo, un progetto di squadra. Dobbiamo portare avanti una piattaforma progressista. Il Pd deve tornare ad essere il primo partito, all’altezza di tutte le sfide, da quelle nazionali a quelle internazionali”.
- Quando pensa che si andrà a votare, e come considera il richiamo del presidente Mattarella a farlo dopo avere approvato la nuova legge elettorale?
“Penso che si andrà a votare l’anno prossimo. Proprio per via del richiamo del presidente, la via è stata tracciata da lui stesso: non credo che potremo andarci prima, ma sara’ comunque il parlamento a decidere. Sono ottimista che sarà a fine legislatura, nel 2018. Il mio personale auspicio è che la legislatura non termini prima dell’approvazione, al di là della legge elettorale, dello ius soli, e per me questo è un segno di civiltà ma anche di coerenza per il Pd, un partito che ha fatto di questo uno dei punti della propria campagna e che concluderebbe un ciclo di provvedimenti sul tema dei diritti. Abbiamo aperto la stagione dei diritti: ora chiudiamola con lo ius soli. Il governo deve schierarsi apertamente, anche ponendo la fiducia per farlo passare”.