Roma - Immaginate una tavola imbandita, gente che mangia, beve e chiacchiera. Ci si racconta le ultime vacanze o il posticino 'segreto' dove mangiare "la migliore carbonara di Roma". Tutto normale, se non fosse che nell'epoca della sharing economy, le persone intorno al tavolo non si conoscono, magari sono stranieri di passaggio nella capitale, e la cena si svolge nella casa di una perfetta sconosciuta, appassionata di cucina, che si è dilettata ai fornelli per loro. E' l'home restaurant, l'ultima frontiera che il Parlamento è stato chiamato a regolamentare dopo che negli ultimi anni il fenomeno ha conosciuto un vero e proprio boom, trasformandosi da hobby ad attività diffusa (e remunerata).
Quella cuoca che si diletta ai fornelli sono io: ho cominciato a fare 'cene a casa con sconosciuti' (come dice, con un filo di paura, mia madre) non molto tempo fa. La passione per la cucina ce l'ho sempre avuta, il piacere di mettere a sedere le persone intorno a un tavolo a mangiare, bere e chiacchierare, anche. Da qui a lanciarsi in questa nuova avventura, il passo è stato breve. Insieme a questo, sono sempre stata curiosa di quello che mi succede intorno, vicino a me ma anche molto lontano: conoscere persone che vengono da altri Paesi e farmi raccontare cosa succede 'a casa loro' è stata sicuramente una molla importante.
Un hobby (faticoso), non un lavoro
Una cena di home restaurant è una fatica bellissima. Una volta arrivata la prenotazione, mi diverto a immaginare un menù, cercando di variare i piatti di volta in volta, scegliendo prodotti di stagione. Un'occasione anche per 'studiare' e scoprire nuove ricette. Seguo la tradizione (magari rivisitandola un pò), stando attenta alle eventuali allergie o intolleranze degli ospiti. Faccio la spesa, curo la tavola, cucino e intrattengo gli ospiti. Tutto questo, ritagliandomi del tempo nella mia quotidianità. Perché io ho già un lavoro, questo è un hobby. Impegnativo, ma un hobby.
La proposta di legge sull'home restaurant
Il disegno di legge è all'esame del Parlamento: è stato approvato alla Camera e passa ora al Senato.
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Nessuna concorrenza sleale
Dal mio punto di vista, l'home restaurant è un fenomeno complementare alla ristorazione tradizionale. In particolare per quanto riguarda gli stranieri, l'esperienza a cena in una casa privata è unica e difficilmente ripetibile: nella stragrande maggioranza dei casi vengono una e una sola volta a cena, come ultima scelta (e non certo la prima) di una vacanza.
Non ho mai incontrato uno straniero che non fosse (giustamente) andato a gustare prelibatezze in un ristorante romano prima di decidere di provare una cucina casalinga in un’abitazione privata. Proprio questo è per l'ospite il valore aggiunto ma anche la differenza con i ristoranti: non solo mangiare buon cibo (si spera) ma soprattutto avere la possibilità di essere accolto nella casa di una persona del posto, vedere dove e come vive, fare domande dirette per cercare di capire ed entrare nella città. Essere così non solo un turista di passaggio, ma un viaggiatore che stabilisce un legame non superficiale con il luogo.
Di fondo, si tratta di un hobby dal quale ricavare un rimborso delle spese sostenute a fronte di un piccolo compenso per il tempo impiegato a fare la spesa, cucinare, preparare la casa e la tavola e intrattenere gli ospiti. Se ne esce con una serata piacevole con persone nuove, delle quali non si diventa amici intimi ma con le quali avviene uno scambio: buon cibo e un’esperienza ‘ad hoc’ in cambio della possibilità di esprimersi in cucina, far gustare (orgogliosamente) i propri piatti e ampliare la propria conoscenza del mondo.