Roma - Nuovo affondo di Silvio Berlusconi al governo Renzi "con un premier non eletto, che si regge sul voto di 60 senatori che hanno tradito il popolo, contro la volontà popolare". Non solo, dal gazebo in sostegno di Guido Bertolaso a sindaco di Roma, il leader FI aggiunge che "abbiamo disdetto l'articolo 1 della Costituzione che dice che la svoranità popolare appartiene al popolo" e chiude ribadendo che "non siamo capaci di sceglierci le persone giuste e adesso dico agli italiani che siamo un popolo di pecoroni e allora gli italiani si devono svegliare altrimenti è colpa loro".
Alla fine della lunga dichiarazione al gazebo, dopo alcune domande dei tg, i concetti arrivano più diretti e taglienti, a volte con i nomi dei destinatari a volte no. Resta il fatto che, da piazza Lorenzini, al Portuense, Silvio Berlusconi lancia un avviso e promette che "d'ora in poi dirò sempre la verità, verità che mi sono sempre tenuto un po' dentro, ultimamente". E allora a chi chiede al leader FI cosa faranno gli alleati Salvini e Meloni dopo questa nuova, forte, attestazione di sostegno a Guido Bertolaso, ecco un secco "io non porto avanti speranze, agisco. Vedano loro cosa fare".
"Noi - puntualizza per circoscrivere l'ambito di un dissidio ancora non risolto nella coalizione - non ci rivolgiamo agli elettori del centrodestra ma a tutti i cittadini romani. Qui - chiarisce - non c'entra l'appartenenza, se rottura c'è è tra chi fa e chi fa politica per professione". Poi si chiude con l'affondo frontale: "D'ora in poi a chi mi viene a dire di essere meglio di Bertolaso gli rido in faccia e gli dico che mi vengono i brividi al pensiero che uno che non avrei mai assunto in una mia azienda, anzi, che non poterebbe neanche amministrare un'edicola, pensi di poter amministrare una realta' come Roma da sindaco".
Prende le distanze da una certa rappresentazione delle 'gazebarie', le derubrica a campagna di informazione dei cittadini più che a vero e proprio voto. Sottolinea che il riferimento sono i cittadini romani più che gli elettori di centrodestra e non si nasconde che "se anche raggiungessimo l'uno per cento dei romani rimarrebbe sempre da raggiungere, informare e convincere l'altro 99 per cento", ma Silvio Berlusconi non ci sta proprio a passare per essere messo in minoranza da Matteo Salvini e Giorgia Salvini.
E allora, messi in campo gli elementi di scenario per separare campagna per il Campidoglio da equilibri nazionali, il leader del centrodestra alterna stoccate con nome e cognome e altre generiche ma comunque indirizzate alla ben precisa categoria dei "professionisti della politica". Bersagli ricorrente peraltro nei momenti di frizione con gli alleati, magari diventati poi ex alleati. "Governare Roma non è per quelli che sono abilissimi a andare in tv, a fare comizi nei talk show o in strada. Per dare vita a questo progetto serve gente del fare", ribadisce allora l'ex presidente del Consiglio. "Ho sempre fatto un esempio: se hai un grande gruppo in crisi - incalza il leader FI - non puoi pensare di affidarlo a un culturista, bellissimo per carità, a un cantante, a un trombettiere che magari ti sveglia tutte le mattine ma quello di sindaco è un altro mestiere e Guido - sottolinea con l'ex Capo della Protezione Civile al suo fianco - ha fatto esperienza". (AGI)