Perugia - "Nessuna lezione da chi distrusse il centro sinistra e l'Ulivo consegnando l'Italia per vent'anni a Berlusconi". La reazione del presidente del consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, si è fatta attendere, ma è arrivata forte e chiara - nonostante i chilometri che separano Roma da Perugia - agli esponenti della minoranza dem, riuniti a San Martino in Campo. Un intervento davanti ai ragazzi di Classe Democratica in cui il segretario del Partito Democratico ha risposto punto su punto alle critiche di questi giorni, a cominciare dall'accusa di snaturare i valori del partito, ignorando le comuni radici uliviste.
"Renzi sta davvero passando il segno, non tocchi l'Ulivo o stavolta mi sentirà davvero", ha sibilato Bersani lasciando in serata il seminario sulla Libia, ospite Massimo D'Alema. Ma la giornata aveva fatto registrare un nuovo fronte dello scontro. La minoranza dem ha rimesso nel mirino l'Italicum, con Bersani a ribadire "ne penso tutto il male possibile" e il senatore Miguel Gotor a condizionare il voto al referendum alla modifica della legge. Il premier non sembra avere orecchio per questi argomenti e, dal palco della scuola di formazione delle nuove leve democratiche, rivendica di aver messo al sicuro l'ispirazione originaria del partito prevedendo il premio alla lista, anziché alla coalizione. "Alcuni di quelli che mi accusano di voler fare coalizione con la destra sono gli stessi che non volevano il premio alla lista. Ma finché ci sarà il premio alla lista, il Pd sarà il partito maggioritario immaginato da Veltroni".
Il secondo terreno di scontro sono le primarie. "Esiste un disegno per screditare le primarie come strumento", spiega, "il principio del 'chi perde se ne va' non mette in discussione le primarie, ma mette in discussione il partito". E qui il segretario conferma indirettamente la fiducia a Matteo Orfini - "negli ultimi tempi siamo d'accordo su tutto" - nonostante il caso del numero delle schede bianche 'gonfiate' a Roma. Più prudente su Napoli, Renzi vuole attendere la fine delle verifiche da parte degli organi di garanzia del partito. Alla fine, però, spiega che se sarà confermata la vittoria di Valente, il partito dovrà lavorare tutto per lei e per "fare ripartire la città di Napoli".
Ormai, la resa dei conti a distanza è partita e, allora, perché lasciar da parte vecchie ruggini e incomprensioni, come il famoso "Enrico stai sereno" rivolto all'ex presidente del consiglio, Letta? "Ma quale golpe", spiega il segretario, "il Paese era bloccato, nessuno ricorda un solo provvedimento fatto nel primo anno di legislatura. Allora mi hanno detto 'segretario tocca a tè. Io volevo continuare a fare il sindaco, come dimostra la lunga serie di inaugurazioni che mi ero preparato". E con quel "segretario tocca a te" Renzi sembra richiamare tutto il partito alla responsabilità di quella scelta. E quasi a dare il colpo di grazia, Renzi si lancia in una lezione sull'essere di sinistra dedicata, sulla carta, ai ragazzi in platea ma che aveva come destinatari le donne e gli uomini riuniti a Perugia ad ascoltare Massimo D'Alema, l'origine del duro scontro delle ultime ore. Lui, l'ex presidente del consiglio, avverte i giornalisti di non voler parlare altro che di Libia e, dopo aver salutato in Roberto Speranza l'ideatore di questa necessaria iniziativa per il rilancio della sinistra, riserva addirittura un complimento al premier per la prudenza dimostrata sulla vicenda Libia. Alla fine dei lavori, la tensione degli esponenti della minoranza dem è palpabile. Speranza sottolinea che "da un segretario ci si aspetterebbe un lavoro per l'unità del partito e non offese alla minoranza". (AGI)