Diceva un ministro di Caterina
Il modo in cui l'Unione Sovietica era stata presa nel gorgo della questione afgana rappresenta un caso da manuale di politica internazionale. Innanzitutto la posizione geostrategica di un paese altrimenti insignificante: nel cuore dell'Asia, al punto in cui si incontrano le fraglie tettoniche indiana, cinese, iraniana e russa. Poi la spinta dei russi verso i Mari Caldi: Mediterraneo da una parte, Oceano Indiano dall'altra. Gia' gli zar avevano permuto un secolo e mezzo prima, rispettivamente, ad ovest su Costantinopoli e su Kabul ad est. Infine l'essere vittima della propria strategia di "difesa avanzata", in altre parole la tendenza di tutti gli imperi ad allargare i confini della propria sfera d'influenza per garantire meglio la sicurezza del cuore della nazione. Per questo, gia' nel settembre 1978, Mosca aveva ordito il colpo di stato che aveva portato al potere Muhammad Taraki. Un comunista di fede provata, un alleato piu' che sicuro, la miglior arma per controllare di lontano Cina ed India e contrastare l'ondata di risveglio religioso islamico che proveniva dall'Iran e si faceva sentire nelle repubbliche sovietiche del Centrasia.
Taraki era fidato, si', ma era anche incapace di gestire la situazione. "In una alleanza tra un paese potente ed uno minore, e' difficile che sia il primo a imporre il proprio punto di vista", scrive John Alan Perceval Taylor nel suo "The Struggle for Mastery in Europe". Lo storico inglese si riferiva all'alleanza tra Germania alla vigilia della Prima guerra mondiale, ma si attaglia benissimo all'Unione Sovietica di 70 anni piu' tardi. Per questo pochi mesi dopo, mentre l'America ammazzava il tacchino e Jimmy Carter era alle prese con la crisi degli ostaggi dell'ambasciata a Teheran, i carrarmati con la stella rossa attraversarono i confine. Due giorni dopo erano a Kabul. Iniziava la guerra di logoramento, che avrebbe ucciso 14.000 sovietici ed un numero imprecisato, ma certamente molto maggiore, di afgani. La resistenza, motivata che fosse da motivi politici, patriottici o religiosi, tenne testa a nove offensive su larga scala prima di venire investiti dall'offensiva chimica decisa dai tre segretari generali del Pcus che si succedettero al potere in quegli anni: dopo Brezhnev, Andropov e Chernenko. Nel
Gorbaciov aveva il problema di sostenere la corsa agli armamenti con un sistema economico, quello dell'economia centralizzata, sull'orlo del collasso. Per questo nel 1987 chiuse con Ronald Reagan il trattato Inf che toglieva gli euromissili dalla frontiera tra Nato e Patto di Varsavia. Poi, per potersi tenere le mani libere allo scopo di proseguire all'interno la lotta contro la vecchia guardia del partito, oso' l'impensabile: annunciare il ritiro - il primo dai tempi dell'Operazione Barbarossa di Hitler - dell'Armata Rossa da un territorio da essa controllato militarmente. La mossa colse tutti di sorpresa, e fu annunciata con una procedura tipica di quei tempi di Guerra Fredda. La sera dell'8 febbraio 1988 la trasmissione sulla tv di stato di "Sul Placido Don" venne interrotta senza preavviso. Comparve il Segretario Generale del Pcus, che lesse una lunga dichiarazione. "La maggior parte dei nostri uomini lascera' l'Afghanistan all'inizio delle operazioni di ritiro che avra' luogo a partire dal 15 maggio", fece sapere, "si dice sempre piu' spesso che in futuro l'Afghanistan dovra' essere indipendente, pacifico, non allineato e neutrale. Bene, noi non possiamo che essere felici di avere un tale vicino lungo i nostri confini meridionali". E annuncio' anche il calendario completo dello sgombero: il grosso delle truppe sarebbe rientrato a casa a partire dalla meta' di maggio, previo accordo da raggiungere con gli Usa entro il 15 marzo. L'ultimo uomo se ne sarebbe andato il 15 marzo del 1989. Cosi' avvenne.
E' probabile che Gorbaciov pensasse ad un Afghanistan simile alla Finlandia: neutrale, indipendente e inoffensivo. In effetti il meccanismo che si innesco' fu per lui ed i suoi politicamente letale. Il colosso russo, si scopri', aveva i piedi d'argilla. Poteva essere sconfitto. Ora, e' impossibile stabilire un diretto rapporto di causa ed effetto tra quell'annuncio, il completamento del ritiro e quello che accadde poi. Ma il fatto e' che dopo il marzo 1989 inizio' rapido ed inesorabile il crollo dell'Impero: in Polonia a primavera Solidarnosc torno' legale, ed a settembre era al governo; in Ungheria a giugno il Partito Comunista rinuncio' prima al marxismo-leninismo, poi al nome; a luglio i tedeschi dell'est iniziarono a fuggire in massa all'Ovest attraverso Praga;
Febbraio 2008