Perché l'Italia fa ancora fatica a montare in sella 
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Perché l'Italia fa ancora fatica a montare in sella 
Pedalare fa bene, e non solo per la salute. Ne sono ben coscienti gli italiani, un popolo che con la bici ha sempre avuto un rapporto speciale, magari rinsaldato dalle imprese di Fausto Coppi, un tempo, e di Vincenzo Nibali, oggi. Meno romanticamente, il legame tra l'Italia e la bici è attestato anche dai dati economici che vedono il Paese in testa alle nazioni Ue produttrici del popolare mezzo a due ruote. Eppure c'è una cosa che al Bel Paese non è ancora del tutto chiaro: il mondo della bici è una risorsa, sotto ogni punto di vista.
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Un settore che vale 6,2 miliardi

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Lo conferma "A Bi Ci - 1° rapporto sull'economia della bici in Italia e sulla ciclabilità delle città" stilato da Legambiente "Ammonta a 6,2 miliardi il fatturato generato dall’insieme degli spostamenti a pedali in Italia". Un numero che tiene conto non solo della "somma della produzione di bici e accessori", ma anche del "risparmio complessivo di carburante, della riduzione dell’assenteismo, dei costi ambientali e delle emissioni gas serra, del miglioramento della qualità dell’aria, del contenimento dell’impatto del rumore e dei costi delle infrastrutture e dell’artificializzazione del territorio", spiega Legambiente. Ma questo valore già straordinario di per sé ha delle grandi potenzialità se si pensa che solo il 3,6% degli italiani utilizza la bici come mezzo di trasporto. E che "il settore cicloviaggi è ancora troppo poco sviluppato", nonostante i 2 miliardi di euro l'anno.

L'Italia produce bici per gli altri Paesi

Nel 2015 i 28 Paesi dell'Ue hanno prodotto oltre 13 milioni e mezzo di bici. Con il 18% l'Italia si conferma il maggior produttore. Tuttavia non c’è simmetria tra produzione e vendite, dal momento che, in rapporto alla popolazione, l’Italia ha un numero di unità vendute di gran lunga inferiore a tante nazioni continentali. Appena l'8 %.

Pedalando la sanità risparmia 1,05 miliardi l'anno

C'è un altro settore che beneficerebbe di un popolo in sella alla bici: è quello sanitario che vedrebbe ridurre i costi di 1,05 miliardi all'anno, secondo i calcoli di Legambiente. In particolare, la percentuale di italiani adulti che fa un’attività fisica inferiore a quella necessaria a garantire un buon livello di salute è pari a un terzo della popolazione (il 33%). Per i bambini e gli adolescenti, la percentuale è molto più alta e raggiunge il 92% tra i 13enni. E ci sono anche forti disparità tra i sessi: è sedentario il 28% degli uomini adulti rispetto al 38% delle donne adulte.
Ed è proprio la sedentarietà - si legge nel rapporto - la responsabile del 14,6% di tutti i decessi che avvengono in Italia ogni anno, pari a circa 88.200 morti premature nel 2012. Un fenomeno che ha "un costo sanitario diretto di circa 1,6 miliardi ogni anno essendo una delle cause primarie di alcune malattie come infarto, diabete, tumore al colon e al seno".

Perché nonostante l'aumento delle piste gli italiani non pedalano

Tra il 2008 e il 2015 sono stati realizzati in Italia 1.346 nuovi chilometri di percorsi ciclabili urbani nelle città capoluogo di provincia. Un incremento delle infrastrutture riservate a chi pedala addirittura del 50% in sette anni: l’insieme delle ciclabili urbane è salito infatti dai 2.823,8 km del 2008 ai 4.169,9 km del 2015. Dall'altro lato, però, la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rimasta immutata: era il 3,6% nel 2008 ed era ancora il 3,6% nel 2015. Il motivo? Troppo spesso questi percorsi "vengono realizzati con standard costruttivi illogici e incoerenti, con sedi inadeguate e spesso concorrenziali con la pedonalità (sui marciapiedi), senza un’analisi preventiva dei flussi di utenti che potrebbero intercettare e senza una verifica, a posteriori, dell’efficacia dell’intervento in termini di aumento della ciclabilità e della diminuzione delle altre modalità di trasporto".

Ecco come va realizzata una ciclabile perfetta

Legambiente fornisce un manuale di istruzioni per la realizzazione di una pista che invogli i cittadini a lasciare a casa l'auto e a saltare in sella alla bici. Innanzitutto, il tracciato deve essere il più possibile lineare con assenza di tortuosità, chicane, bruschi cambi di pendenza, ostacoli. Le corsie devono avere una larghezza di almeno un metro e mezzo per ogni senso di marcia. Il tracciato ciclabile, poi, non deve essere in nessun caso affiancato da veicoli in sosta. Infine, il percorso deve attraversare tutti i punti di interesse della città ed essere collegato a cicloparcheggi.

Pesaro e Bolzano, le città più bike friendly

Nelle città di Pesaro e Bolzano il 28% degli abitanti si sposta quotidianamente in bici. Un'abitudine che fa dei due centri i più bike friendly d'Italia. Come ci sono riuscite? Solo grazie a progetti innovativi. Bolzano, ad esempio, ha via via collegato tra loro, formando una sorta di grande anello ciclabile, tutte le zone scolastiche, sportive e ricreative cittadine determinando un passaggio da un uso quasi esclusivamente ricreativo e occasionale della bicicletta a un utilizzo per i movimenti sistematici casa-scuola e casa-lavoro. "Poiché la scarsa larghezza di molte carreggiate urbane non consentiva la realizzazione di corsie ciclabili senza interferire con la sosta su strada, in molti tratti si è data priorità alle due ruote vietando completamente il parcheggio a raso o regolamentandolo in modo differente, cercando peraltro di recuperare almeno parte dei posti auto soppressi attraverso una riorganizzazione delle vie limitrofe".
Allo stesso modo, anche Pesaro ha lavorato su infrastrutture leggere e comunicazione creando la Bicipolitana: una sorta di metropolitana di superficie, dove al posto delle rotaie ci sono i percorsi ciclabili e al posto dei vagoni ci sono le bici. "Lo schema utilizzato è quello tipico delle subway, con le linee di diversi colori che collegano le varie zone della città. Alla fine del 2016 sono 85 i chilometri di Bicipolitana realizzati, e la rete, visto il successo, continua a estendersi".
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