Roma - Pochi giorni prima di morire, quel terribile 16 giugno 1988, Andrea Pazienza aveva consegnato al direttore di 'Comic Art', Oscar Cosulich, le tavole del suo ultimo racconto a fumetti destinato a restare incompiuto, Astarte, le avventure di un cane di razza molosso al fianco del suo padrone, Annibale, durante la Seconda guerra punica. A soli 32 anni, compiuti da tre settimane, se ne andava, ucciso dalla droga, uno dei maggiori talenti del fumetto italiano e uno dei più importanti artisti della fine del Novecento. "Andrea Pazienza ha reso l'autore di fumetti un personaggio, prima ancora della sua arte. Scherzando, diceva di essere una rockstar", ricorda Oscar Cosulich che fu amico di Paz e suo direttore, dal 1986 al 1988, al periodico di fumetti e grafica Comic Art. Il suo modo di disegnare e il coraggio di stravolgere tutte le regole, di ritenersi autore assoluto, ossia sciolto da vincoli di autocensura, hanno fatto in Pazienza un mito.
Pazienza, rockstar del fumetto
"Il suo è un caso tipico di tutti i geni: ha influenzato tutti ma non ha eredi perché è inimitabile - spiega Cosulich -. Per fare un paragone, si può dire che sta al fumetto come Miles Davis sta alla tromba. Ha avuto il merito e il coraggio di abbattere tutta una serie di confini, di autocensure che esistevano nel campo dei 'comics'.
FOTO - Andrea Pazienza: sessant'anni fa nasceva il "Miles Davis del fumetto"
Lo ha fatto utilizzando le tecniche più varie e trattando tutti i temi possibili. Paz rappresenta un caso unico nel panorama del fumetto - aggiunge - in cui la massima fantasia grafica si innesta con una capacità narrativa: le sue storie, inizialmente legate al tempo in cui viveva, in seguito diventano oniriche e in qualche modo si ricollegano a 'Little Nemo' di Winsor McCay che nel 1905 ha innovato il mondo dei fumetti".
Secondo il giornalista, Andrea Pazienza aveva una capacità unica di vivere immaginando il mondo come fosse un fumetto. "Era in grado di trasformare qualsiasi cosa in cartoon - ricorda Cosulich - ma era anche un grande artista 'tout court' perche' le sue opere sono eccezionali anche sul versante pittorico, su quello narrativo e su quello comico, sia che si tratti di umorismo puro, sia che affronti a modo suo con ironia e malizia il sottobosco del mondo della droga. Inoltre - aggiunge - il suo disegno è irriverente e geniale al contempo: solo lui poteva unire in una storia a fumetti personaggi di Walt Disney e gli spacciatori". Per Pazienza il mondo dei drogati era motivo di ispirazione, ma divenne anche la sua dannazione. Inizio' a drogarsi, perse amici e fidanzata, poi sembrò esserne uscito, si sposò e ricominciò a disegnare. Fino al tragico epilogo.
Malgrado facesse uso di eroina e i temi dei suoi racconti, da Pompeo a Zanardi passando al fumetto 'Perché Pippo è uno sballato', Oscar Cosulich ricorda che Paz non aveva nulla del tossico. "Era un ragazzo normalissimo che ogni tanto si faceva - racconta -. Inoltre, malgrado fosse sanissimo, era soggetto a collassi. Era una persona tranquilla, divertente, che amava 'cazzeggiare' e che aveva delle debolezze come tutti. Le sue, purtroppo, gli sono state fatali". Cosulich,confessa di essere stato "direttore irresponsabile" di Pazienza: "Per me ogni suo disegno si pubblicava senza alcun dubbio. Questo ha creato anche dei malumori tra i lettori di 'Comic Art' - ricorda - abituati a fumetti tradizionali. Eppure sulla mia rivista sono comparsi alcuni dei suoi lavori migliori, dalle piu' belle storie di 'Zanardi' a 'Campofame', un'autentica opera di pittura narrativa che andava oltre il fumetto, fino alle tavole di 'Astarte'. Purtroppo tutto è finito troppo presto". (AGI)