Dagli errori si deve sempre imparare. Anche da quelli degli altri. Se poi si parla di startup, dove la percentuale di rischio è particolarmente alta, i fallimenti altrui diventano quasi decisivi. Per non fare la stessa fine e per evitare di commettere gli stessi sbagli. È nata così una piattaforma partecipativa, Collapsed, che si è scelta come obiettivo di raccontare la storia di chi, per vari motivi, non c’è l’ha fatta. Un fallimento al giorno. Più o meno grande. Un vero cimitero di startup. E una lezione quotidiana per tutti quelli che ci stanno provando.
I numeri della piattaforma
Per ora le startup che il sito ha raccolto provengono quasi tutte dagli Stati Uniti d’America. Ben 22 realtà. Poi c’è l’India con 4, la Gran Bretagna con 3, Israele, Olanda, Singapore, Germania e Australia con 1. Ma sono numeri destinati a crescere e ad allargarsi a gran parte del mappamondo. Ognuno, infatti, può registrarsi e fare una segnalazione, raccontando la propria esperienza o quella altrui. Ogni storia, prima di essere pubblicata, è sottoposta ad un accurato fact-checking.
Data di inizio e di fine, numero di lavoratori, profili dei founder, round d’investimento ottenuti. Le informazioni sono essenziali ma molto precise. Con una parte dedicata esclusivamente a spiegare i motivi per cui la startup è fallita. Con le fonti (e i relativi link) da cui queste ultime notizie vengono prese.
Le principali debacle del 2016
Su Quora, piattaforma dove gli utenti possono pubblicare domande e risposte su qualunque argomento, Collapsed ha risposto alla domanda: “Quali sono stati i flop più grandi delle startup nel 2016?”. Una lista che può essere utile anche a tutto l’ecosistema italiano e che riportiamo qui:
- Skully: ha raccolto oltre 10 milioni di dollari da vari investitori per sviluppare un casco smart e iper-tecnologico. Secondo Collapsed ha avuto diversi problemi con la gestione del denaro. Alcuni dipendenti hanno accusato i fondatori di averne speso persino con delle spogliarelliste.
- Karhoo: ha raccolto circa 40 milioni di dollari per sfidare Uber. La motivazione del fallimento risiede nella scarsa qualità del prodotto che non si è dimostrato abbastanza competitivo per sfidare il colosso americano.
- Peppertap: ha raccolto circa 50 milioni di dollari. Si presentava come il più grande e più veloce servizio di consegna di generi alimentari in India. Non è riuscito a espandersi, a “scalare” in gergo.
- GoZoomo: ha raccolto circa 5 milioni di dollari per un servizio peer-to-peer nel settore delle automobili usate. Il problema qui è stato il modello di business che si è rivelato poco sostenibile nel lungo periodo.
- Frankly.me: ha raccolto 600mila dollari che i fondatori hanno deciso di restituire dopo essersi accorti che il prodotto non sarebbe mai diventato realtà. Il progetto riguardava un servizio/piattaforma di condivisione video con ampio spazio per i selfie.
- JobHive: ha raccolto circa 3 milioni di dollari per realizzare una piattaforma per facilitare l’offerta e la richiesta in ambito lavorativo. In questo caso la motivazione che ha portato al fallimento non è stata definita in maniera chiara.