Team inesperto, concorrenza agguerrita e qualche incognita di troppo sul bilancio. Snap andrà in borsa. Renderà (ancora più) ricchi i suoi fondatori. Sarà valutata tra i 20 e i 25 miliardi, cifre che non si vedevano dai tempi di Alibaba. Eppure, spulciando il documento spedito dal ceo Evan Spiegel alla Sec (la Consob americana) ci sono delle crepe ben visibili. Leggendo i “fattori di rischio”, ci sono molte formule standard: instabilità del mercato, dipendenza dai fornitori e dalle oscillazioni della pubblicità. Ma emergono anche dichiarazioni che vanno oltre la legittima cautela.
Bilanci
Snap si presenta a Wall Street in rosso. Da quando è stata fondata (nel 2011), la società ha sempre chiuso in perdita. Nell'ultimo trimestre 2016 il passivo è stato di 1,2 miliardi, con una perdita netta annua di 514,6 milioni. Facebook aveva chiuso l'esercizio precedente alla quotazione (il 2011) con un utile di un miliardo. Il bilancio di Snap somiglia più a quello di Twitter: meno 79,4 milioni nel 2012 e di 645 nel 2013. Non certo un precedente di buon auspicio.
È probabile che il fatturato crescerà. È certo (come scrive il gruppo) che aumenteranno i costi, perché la struttura cresce. E poi perché stare in borsa comporta spese prima non necessarie. “Siamo incorsi in perdite operative – scrive Snap –, ci aspettiamo di farlo anche in futuro”. Ma soprattutto: “Potremmo non raggiungere mai o non mantenere la profittabilità”.
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Concorrenza
“Il nostro settore è molto competitivo”, si legge nel documento. “I nostri competitor potrebbero imitare i nostri prodotti e fiaccare” la crescita degli utenti. Non c'è scritto ma si legge benissimo: il riferimento è a Instagram Stories. La funzione del social dedicata alle immagini evanescenti potrebbe pesare. Anzi, sta già pesando. Da quando è stata lanciata (ad agosto 2016), la crescita degli utenti di Snapchat si è dimezzata. Non sarà l'unica causa, ma tant'è: nel quarto trimestre, l'app ha guadagnato solo 5 milioni di utenti. E il progresso anno su anno è sceso, per la prima volta, sotto il 50%. È fisiologico che la curva, nel tempo, vada appiattendosi. Ma se lo facesse già adesso, quando gli utenti totali sono ancora 158 milioni, sarebbe un po' troppo presto.
Team inesperto
La società è giovane. La mancanza di uno storico, “rende difficile valutare i risultati finanziari futuri”. Il problema, però, è un altro: “Non siamo certi – si legge nel prospetto della Sec – di riuscire a gestire la crescita”. Il personale a tempo pieno è passato, nell'arco di un anno, da 600 a 1859 dipendenti. Ma “alcuni membri del management non hanno un'esperienza significativa e potrebbero non essere capaci” di controllare l'espansione del gruppo.
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Sicurezza
Tutte le società digitali devono fare i conti con la cybersicurezza. Ci sono malware, virus e attacchi hacker. Snap non esclude che “gruppi terroristici o altre organizzazioni criminali” possano utilizzare l'app “per raggiungere i propri scopi o per raccogliere proseliti”. Al momento, la società “potrebbe non essere capace di impedire che Snapchat si trasformi nell'applicazione preferita da questi gruppi”.
Brexit
L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea potrebbe essere “costosa e difficile da gestire”. Snap ha depositato alcuni brevetti e “intende trasferire in UK una porzione significativa delle attività fuori dagli Stati Uniti”. Il gruppo è quindi soggetto alle incertezze, in attesa di capire come cambieranno la politica fiscale, la disciplina sulla salvaguardia dei dati e la circolazione di merci e persone.
Effetto Trump
L'elezione di Trump introduce un ulteriore elemento di incertezza anche negli Stati Uniti. Il neo-presidente non viene mai nominato, ma il riferimento è chiaro. Il ceo Evan Spiegel guarda con preoccupazione alla volontà, da parte della nuova amministrazione, di penalizzare i capitali americani detenuti e le tasse pagate all'estero. Snap sottolinea che “la nuova legislazione potrebbe cambiare la tassazione negli Usa o all'estero”, impattando sulle “attività internazionali” del gruppo.