Il dibattito sulle vaccinazioni continua e coinvolge ancora il mondo politico. In un post su Facebook del 27 giugno, l’onorevole Adriano Zaccagnini (Mdp) è entrato in polemica con Roberto Burioni, ordinario di microbiologia e virologia presso l’Università Vita-Salute “San Raffaele” di Milano e noto per la sua attività di divulgazione scientifica e di critica delle posizioni antivacciniste.
Zaccagnini ha scritto: «Burioni in questi giorni ha affermato che “chi è vaccinato contro il morbillo non trasmette il virus”, ma la Oxford Academic in uno studio pubblicato nel 2014 evidenzia la trasmissione della malattia da soggetti vaccinati con MPR a soggetti già precedentemente vaccinati o che hanno avuto la malattia e l’immunizzazione per cause naturali».
Il giorno successivo, Zaccagnini ha scritto un nuovo post sul tema e ha chiarito meglio il suo punto di vista: secondo il deputato, lo studio pone una domanda nuova alla comunità scientifica: «possono i soggetti vaccinati trasmettere la malattia ed avere come origine del contagio il vaccino stesso?».
A quanto scritto da Zaccagnini ha risposto il medico chiamato in causa, il dottor Burioni, con questo e questo post. Nel primo veniva ripreso un articolo di Next Quotidiano che si era occupato per primo delle parole di Zaccagnini (e che invitiamo a consultare per gli ultimi aggiornamenti sullo scambio).
Quello che proviamo a verificare oggi è: che cosa dice lo studio in questione, e davvero con esso nasce una nuova questione per la ricerca scientifica?
Lo studio del 2014
Lo studio citato dall’onorevole di MDP è stato pubblicato all’inizio del 2014 su Clinical Infectious Diseases, una seria rivista scientifica (Oxford Academic è solo la casa editrice).
Gli autori dello studio si sono occupati di un caso «inusuale» accaduto a New York nel 2011. In quell’anno, ci furono cinque casi di morbillo collegati tra loro. In che cosa stava la particolarità del caso? Gli autori spiegano che «questa è la prima notizia di una persona con un verificato fallimento vaccinale secondario, nonostante abbia ricevuto due dosi dell’MPR [cioè il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia], che sia dimostrata capace di trasmettere la malattia ad altre persone».
Tutto sta nel capire che cosa significhi «fallimento vaccinale secondario», cioè la condizione in cui era il paziente al centro dello studio.
Nonostante la provata efficacia delle vaccinazioni, i vaccini non sono efficaci al 100 per cento, e questo è noto da tempo. Ci sono due modi in cui la protezione vaccinale, in un ristretto numero di casi, può non funzionare: se un individuo non sviluppa una reazione alla prima dose di vaccino (fallimento vaccinale primario) o se, con il tempo, la protezione diminuisce dopo la risposta iniziale. Questo è appunto il fallimento vaccinale secondario. Per ridurre queste situazioni, alcuni vaccini vengono somministrati in più di una dose.
Nello studio del 2014 – che fu ripreso anche dal magazine online di Science – si dice che il primo paziente si trovava nella seconda situazione, quella del fallimento vaccinale secondario. È possibile che queste persone sviluppino la malattia, ma di solito lo fanno in una forma più debole e con una minore incidenza di complicazioni gravi rispetto alle persone che non sono mai state vaccinate.
Per questo motivo, un 22enne che lavorava in un teatro di New York venne dimesso senza essere ricoverato in ospedale o messo in quarantena. Si pensava infatti che questo tipo di pazienti non fossero contagiosi. E in effetti, nonostante siano stati documentati i suoi contatti con oltre duecento persone, lo studio ha documentato il contagio di sole altre quattro persone.
Due di queste, tra l’altro, erano sicuramente state vaccinate con due dosi di vaccino MPR, mentre altre due erano entrate in contatto in precedenza con il morbillo, ma non è chiaro se fossero state vaccinate in modo appropriato.
Insomma: in una persona, per qualche motivo ancora da chiarire, la protezione garantita dal vaccino è diminuita nel tempo fino a rendere possibile lo sviluppo della malattia e – fatto inedito – anche il contagio di un ristretto numero di persone.
Le conclusioni dello studio
Lo studio arriva a conclusioni ben diverse da quelle che sembra suggerire Zaccagnini. L’onorevole si chiede: «possono i soggetti vaccinati trasmettere la malattia ed avere come origine del contagio il vaccino stesso?»
Alla seconda domanda, la risposta è un chiaro “no”. Il paziente di cui si occupa lo studio ha sviluppato la malattia a decenni dalla vaccinazione, e niente nello studio fa pensare che l’“origine del contagio” possa essere il vaccino stesso.
Alla prima domanda, la risposta è che in un numero di casi molto ristretto il vaccino può non assicurare una protezione “eterna” contro la malattia. Di solito, se un paziente già vaccinato sviluppa la malattia – evento, lo ripetiamo, molto raro – lo fa in forma attenuata e, si pensava, non contagiosa. Lo studio americano segnala un caso in cui invece è avvenuto il contagio, comunque a un numero ristretto di persone (nessuna delle quali ha contagiato nessun altro).
Gli autori dello studio, poi, concludono che la questione da studiare non è l’efficacia o meno dei vaccini, ma semmai quanto dura l’immunità garantita. Grazie ai vaccini, scrivono gli autori, il morbillo è praticamente scomparso dagli USA per vent’anni. «L’attuale strategia di vaccinazione MPR a due dosi ha mantenuto con successo l’eliminazione del morbillo negli Stati Uniti per quasi vent’anni – scrivono – nonostante le continue importazioni [dall’estero]».
E proseguono: «Ora che gli Stati Uniti sono rimasti liberi dal morbillo endemico per oltre dieci anni e che la naturale diffusione dell’infezione è poco comune, sarà importante capire meglio la durata dell’immunità». Insomma: grazie ai vaccini il morbillo non è più una malattia comune, ed è venuto il momento di concentrarsi su alcuni casi particolari.
Infatti, il caso del 2011 è probabilmente «una serie di eventi rari, ed è improbabile che la diminuzione dell’immunità presso persone vaccinate in precedenza minacci l’abilità di continuare ad eliminare il morbillo».
E infine, «un singolo episodio di trasmissione da un individuo con prove precedenti di immunità non giustifica un cambiamento nelle attuali strategie di controllo ed eliminazione del morbillo».
Lo studio del 2011 – che viene citato in numerosi siti di antivaccinisti, da diversi anni – dipinge insomma una situazione ben diversa da quella che descrive Zaccagnini.
Gli stessi autori non mettono minimamente in dubbio la validità e l’efficacia delle vaccinazioni. Indicano semmai un caso isolato in cui la malattia si è sviluppata in un individuo vaccinato in precedenza – possibilità già ben nota – e, situazione inedita, questa persona ha contagiato un ristretto numero di altre. Un caso senz’altro interessante per la scienza medica, ma che non scalfisce il consenso della comunità scientifica sull’efficacia delle vaccinazioni nello sradicare le malattie.
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