Roma - Sulla sua pagina Facebook, l’8 gennaio, il parlamentare pentastellato Carlo Sibilia ha scritto un post dal titolo “Votare informati è importante”. Il tema era la votazione sulla piattaforma online del Movimento 5 Stelle per decidere in quale gruppo andare nell’Europarlamento.
Sibilia era contrario all’indicazione di Grillo, che proponeva l’apparentamento con i liberali filo-euro e iper-europeisti dell’Alde. Ha prima ricordato che l’Alde, meno di tre anni fa, “ha considerato i sette punti per l'Europa del M5S come ‘completamente incompatibili con la loro agenda pro-Europa’ definendo il M5S ‘profondamente anti europeo’ e il suo programma ‘irrealistico e populista’.”
Ha aggiunto che l’Alde “è anche favorevole alla clausola ISDS nel TTIP. E quindi al TTIP stesso” e infine che l’Alde “ha boicottato tutte le candidature del M5S alla presidenza e alla vicepresidenza di commissioni del parlamento europeo”.
Per quanto riguarda la prima affermazione, Sibilia ha sostanzialmente ragione. Più di preciso, nella risposta dell’Alde all’interessamento pentastellato - data tre anni fa quando, subito dopo le elezioni europee, il M5S stava sondando i vari gruppi dell’europarlamento per cercare possibili approdi - i sette punti per l’Europa del Movimento non vennero ritenuti “incompatibili” con l’agenda pro-Europa dell’Alde, almeno letteralmente. In base al testo di tale risposta, pubblicato in originale in inglese dall’Huffington Post, i sette punti vennero qualificati come “incompatibili l’uno con l’altro”. Incoerenti, insomma. Corretta invece la traduzione dei giudizi dell’Alde sul Movimento “profondamente anti-europeo” e sul “programma populista e irrealistico” che, di fatto, li rendeva poco compatibili l’uno con l’altro.
Diceva infatti la lettera: “il M5S vuole che l’Italia esca dall’Eurozona ma allo stesso tempo vuole introdurre gli Eurobonds. Inoltre il loro desiderio di abbandonare il fiscal compact e annacquare le regole di bilancio è discordante con la loro retorica su una maggior solidarietà tra Stati membri. È chiaro da queste sette condizioni che il M5S non prende il progetto europeo molto sul serio e che questo movimento è nei fatti profondamente anti-europeo”. E ancora: “Il M5S sembra pensare di poter disgregare il nostro comune progetto europeo in una inconsistente lista di sette condizioni che non hanno altro obiettivo che sospingere un programma altamente populista e irrealistico”.
La seconda affermazione di Sibilia, sul TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti), è parzialmente errata. L’Alde non è infatti “favorevole alla clausola ISDS”. Tale clausola prevede che, nel caso sorgano dispute tra investitori stranieri e Stati, la questione venga devoluta ad arbitri internazionali indipendenti.
Nel “Alde paper on its priorities for a smart TTIP” (il “documento dell’Alde sulle sue priorità per un TTIP intelligente”) di maggio 2015 si legge: “è chiaro che il sistema ISDS, per come è attualmente conosciuto nei circa 1.400 accordi bilaterali sugli investimenti che gli Stati membri europei hanno negoziato in passato su base individuale, sia obsoleto”.
L’Alde, quindi, nel documento sostiene – e ritiene vada ulteriormente discusso – il piano della Commissione “di proporre una corte internazionale permanente per le dispute sugli investimenti”. Tale piano è in effetti stato presentato dalla Commissione europea il 6 maggio, proponendo, accanto alle due soluzioni alle dispute internazionali “classiche”, cioè la clausola ISDS e l’affidamento della controversia ai giudici nazionali, altre due possibilità: appunto una corte multilaterale sugli investimenti e un organismo bilaterale di appello composto da sette giudici.
Corretto invece che l’Alde sia tendenzialmente favorevole al TTIP. Nell’introduzione del documento citato si legge infatti: “La Ue dovrebbe mirare a preservare la sua qualità della vita, a offrire ai suoi cittadini prosperità e ad essere capace di giocare un ruolo chiave sul palcoscenico internazionale. Un accordo commerciale transatlantico dovrebbe essere un’opportunità in tal senso e al contempo un importante strumento geopolitico per rafforzare l’Europa”.
Scorretta poi la terza affermazione di Sibilia. È infatti vero che dei 17 europarlamentari del M5S nessuno ha ottenuto la carica di presidente o vicepresidente di una commissione parlamentare, ma non si può attribuire questo risultato al solo “boicottaggio dell’Alde”. La distribuzione dei ruoli nelle commissioni parlamentari avviene infatti, in base a un accordo informale tra le forze politiche europee, secondo una formula matematica per la ripartizione degli incarichi, il “metodo d’Hondt” (dal matematico belga che la teorizzò), tesa a impedire che il vincitore delle elezioni si accaparri tutte le presidenze.
Dopo il voto del 2014 il 29,4% del Parlamento europeo era composto da membri del Partito popolare europeo, il 25,4% da quelli del Partito socialista europeo, il 9,3% dai conservatori e riformisti europei, il 9% dall’Alde e a seguire gruppi minori.
Quello cui aderisce il M5S – il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta – pesava per il 6,4% e coi suoi 48 membri era il meno numeroso dell’intera assemblea, settimo su sette non considerando i “non iscritti”, altrimenti ottavo su otto.
Il metodo d’Hondt è stato tendenzialmente applicato anche se non in toto, in base agli accordi di distribuzione delle cariche tra le tre principali famiglie politiche europee (popolari, socialisti e liberali).
L’esclusione degli eurodeputati del M5S dai ruoli di presidente o vicepresidente delle commissioni dipenderebbe dunque principalmente dalla scarsa consistenza del gruppo a cui hanno scelto di aderire dopo le scorse elezioni europee, e in seconda battuta dall’accordo tra le principali forze politiche europee che hanno deciso di comune accordo come spartirsi le cariche istituzionali. Inoltre, secondo un rapporto del Center for European Policy Studies (CEPS), la carica di presidente nelle commissioni parlamentari viene di regola data a eurodeputati con esperienze pregresse. I 17 eurodeputati del M5S sono invece tutti di prima nomina.