Roma - Le grandi coalizioni sono ovunque in Europa? Angelino Alfano, lunedì 5 dicembre: «In tutta Europa si governa per grandi coalizioni». L’affermazione del ministro dell’Interno è esagerata e, per come è formulata, di certo falsa. Dei 28 Stati membri dell’Unione europea, solamente sette hanno un primo ministro sostenuto da una “grande coalizione”, e cioè: Austria, Estonia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Per prima cosa, precisiamo i termini. Per “grande coalizione” si intende una coalizione tra due delle principali forze politiche del Paese, normalmente portatrici di differenti orientamenti ideologici e concorrenti alle elezioni in schieramenti opposti.
In Germania – il caso più noto – la Große Koalition tra socialdemocratici (Spd) e centrodestra (Cdu-Csu) sostiene Angela Merkel dalle elezioni del 2013, come già era accaduto per il primo mandato della cancelliera (2005-2009).
In Austria l’alleanza tra socialdemocratici e conservatori dura ininterrottamente dal 2006 ed è ora insidiata dalla crescente popolarità dell’estrema destra (il Partito della Libertà austriaco, Fpö, il cui candidato – Hofer – è stato sconfitto di misura alle ultime elezioni presidenziali del 4 dicembre dal verde Van der Bellen).
Anche in Olanda la “grande coalizione” tra liberali e laburisti che è al governo dal 2012 teme, in previsione delle elezioni politiche del 2017, l’avanzata dell’estrema destra anti-europeista del Partito per la Libertà di Geert Wilders.
Il totale dei paesi dove si può parlare di “grande coalizione” è assai lontano dal rappresentare “tutta” l’Europa. Sommando le popolazioni dei sette Paesi citati all’inizio si arriva a circa 125 milioni di abitanti, meno di un quarto degli oltre 510 milioni dell’intera Unione europea (qui i dati Eurostat del 2016). Sommando poi il Pil di questi sette Stati – dati aggiornati a fine 2015 – il totale è di 4.322 miliardi di euro, su un totale dell’Unione europea di 14.635 miliardi di euro (meno di un terzo).
Merita una menzione la Lituania, dove è nata una coalizione “anomala” tra il Partito dei Contadini e dei Verdi – che alle ultime elezioni di ottobre 2016 è emerso, a sorpresa, come il partito più votato – e il Partito social-democratico, che era stato al potere dal 2012 (in coalizione con altre forze progressiste) e che invece si piazza solamente terzo. Non si può parlare propriamente di “grande coalizione” in quanto il partito di centro-destra, arrivato secondo alle ultime elezioni, ha rifiutato di entrare in coalzione.
Nei restanti 20 Stati Ue ci sono tre situazioni particolari, con governi di minoranza sostenuti grazie a un accordo tra maggioranza e opposizione. In questi casi, però, l’opposizione non ha ministri nel governo e dunque non si può parlare di “grande coalizione”.
Il primo caso è la Spagna, dove il governo di centrodestra è nato grazie all’astensione del partito socialista. Quello svedese di centrosinistra, invece, sorto grazie a un accordo col blocco di centrodestra, ha evitato di tornare alle urne dopo che le elezioni non avevano fatto emergere un chiaro vincitore. Infine il governo irlandese, dove il partito di centrodestra Fine Gael ha potuto formare il governo grazie all’astensione dello storico rivale – ma sempre di centrodestra – il Fianna Fail.
C’è un governo tecnico in Romania, in carica dal 2015 ma che a breve dovrebbe cedere il posto a uno politico (le elezioni sono previste per l’11 dicembre). Ci sono poi due governi di destra nazionalista, quello ungherese di Viktor Orban e quello polacco di Beata Szydło, e uno di sinistra, in Grecia (dove pure Syriza, il partito di Tsipras, è alleato con un partito minore di destra populista).
I restanti governi sono guidati da coalizioni di centrosinistra o di centrodestra, al massimo con l’appoggio di formazioni minori appartenenti ad altri schieramenti. Questo ad esempio è quel che è accaduto in Italia dalla nascita del governo Renzi (febbraio 2014) in poi, con alcune formazioni minori di centrodestra – tra cui il Nuovo Centro Destra di Alfano – che hanno sostenuto il governo di centrosinistra, occupando anche ruoli istituzionali, dopo la fine della "grande coalizione" di Enrico Letta.