di Gianluca Zeccardo
New York - Sorpresa: la strategia dei Democratici al Congresso non sarà lo scontro a tutto campo con Donald Trump. Secondo quanto rivelato dal New York Times, il partito dell'Asinello, che ancora non si è ripreso dallo choc dell'8 novembre, sta costruendo un'agenda per sostenere diverse proposte del presidente eletto che sono sgradite all'establishment repubblicano.
Su questi temi, i Democratici cercheranno di collaborare con Trump
- le spese per le infrastrutture
- gli sgravi fiscali per i figli
- la maternita' retribuita
- lo smantellamento degli accordi commerciali.
Certo, sottolinea il quotidiano newyorkese, i democratici non mancheranno di picchiare duro su alcuni punti, come la nomina di Stephen Bannon a 'chief strategist', i tagli delle tasse per i più ricchi o la maxi espulsione di immigrati illegali. Inoltre non è ancora chiaro se, o fino a che punto, Trump vorrà capovolgere l'agenda tracciata in campagna elettorale per non inimicarsi i membri del Congresso repubblicani più ancorati a programmi conservatori. Chuck Schumer, eletto mercoledì nuovo leader democratico al Senato, ha più volte parlato con il nuovo presidente e nelle prossime settimane il suo partito ha in programma di annunciare iniziative economiche populiste che suppongono siano gradite a Trump.
L'obiettivo a medio termine è la riconquista dell'elettorato bianco e della classe operaia creando una frizione tra Casa Bianca e repubblicani, per riposizionarsi al meglio già in vista delle elezioni di Midterm, nel 2018. Le tremende sconfitte in Stati come Pennsylvania, Ohio e Wisconsin, dove la Clinton ha perso la connessione con la classe media, e di conseguenza la Casa Bianca, insegnano che non si possono regalare gli elettori bianchi della 'middle class'.
Schumer, peraltro, avrà un bel da fare nel mediare tra quei senatori che non vogliono scendere al livello di Trump, ma ritengono invece di dover consolidare l'eredità di Barack Obama, che, come ha dimostrato il voto dell'8 novembre, ha fatto breccia solo in alcune minoranze e nell'elettorato più giovane. Un dibattito in questo senso sta dividendo i democratici alla Camera, dove è stato rinviato al 30 novembre il voto per la riconferma della leader Nancy Pelosi, che sarebbe stato una formalità in caso di vittoria della Clinton. Pelosi, che proviene dalla ricca e liberal California, potrebbe essere costretta a lasciare spazio a un nuovo leader più ancorato ai Rust Belt, gli Stati dell'industria pesante. Il nome potrebbe essere Tim Ryan, ex giocatore di footblall dell'Ohio. "I democratici hanno bisogno di uno come me, legato alle industrie dell'acciaio e dell'edilizia. L'economia e i colletti blu sono troppo importanti per noi e abbiamo bisogno di leader che possano connettersi ai distretti dei Grandi Laghi", ha spiegato.
Schumer dovrà cercare di mettere insieme le anime poco gemelle all'interno del partito, come ad esempio da una parte i senatori Bernie Sanders (Vermont) e Elizabeth Warren (Massachusetts), i piu' noti esponenti dell'ala progressista, e dall'altro Joe Manchin (West Virginia), uno della mezza dozzina di senatori moderati che punta forte sul 2018.
There’s incredible energy among young people in America. If we have a progressive agenda that thinks big not small, we can tap into that.
— Bernie Sanders (@BernieSanders) 17 novembre 2016
Non a caso Sanders lavora all'idea di un Tea Party della sinistra mentre Warren ha già fornito un esempio del parziale allineamento a Trump in un discorso alla AFL-CIO, la più grande centrale sindacale che unisce 56 sigle nazionali e internazionali. Il senatore democratico dell'Ohio Sherrod Brown, da sempre critico sugli accordi di libero scambio, ha rivelato di aver inviato una lettera a Trump chiedendogli di rinegoziare il trattato Nafta con Canada e Messico, di ritirarsi dal Partenariato Trans-Pacifico (TPP), di modificare le relazioni commerciali con la Cina e di combattere le speculazioni sulle valute.