di Giandomenico Serrao
Roma - Le più fosche previsioni sulla Brexit si stanno trasformando in realtà e il 'Leave' potrebbe costare alla Gran Bretagna 100 miliardi di sterline nei prossimi cinque anni. Basterà attendere la prossima settimana per avere più chiarezza degli effetti sulle finanze pubbliche britanniche del referendum del 23 giugno. Il governo infatti pubblicherà i dati di bilancio nell'Autumn Statement ma le stime non promettono niente di buono. La crescita che rallenta e gli investimenti in calo colpiranno in modo duro le entrate fiscali, scrive il Financial Times, confermando gli allarmi, lanciati prima del referendum, dal ministero del Tesoro britannico che aveva avvisato che i costi del 'Leave' sarebbero stati alti.
Invece del surplus finanziario nel 2019-20 promesso dal suo predecessore George Osborne, il neo cancelliere Philip Hammond si troverà di fronte a un deficit notevole e a un debito in crescita rispetto alle previsioni di marzo. In ogni caso, evidenzia Ft, il deterioramento delle prospettive di crescita non impedirà a Hammond di procedere con alcuni tagli fiscali per aiutare quelle che i funzionari di Whithehall chiamano 'Jams', ossia le famiglie che "ce la fanno a malapena". Ma queste spese saranno poca cosa rispetto al maggior indebitamento che il governo dovrà mettere in conto. Non ci sarà molto spazio, per esempio, per procedere a un grande pacchetto di stimoli fiscali.
L'Office for Budget Responsibility (Obr) ha elaborato le stime che il governo presenterà la settimana prossima e i funzionari che vi hanno lavorato hanno ammesso di aver dovuto lottare per settimane con entrate fiscali in calo e una prospettiva di crescita inferiore. Il consensus indipendente, generalmente vicino all'Obr, mostra anch'esso una crescita economica mediocre fino al 2020 con l'inflazione in crescita e gli investimenti in calo, uniti al rallentamento delle entrate per l'Erario. Insomma tale deterioramento delle finanze pubbliche potrebbe portare alla cifra di 100 miliardi di sterline. L'Institute for Fiscal Studies ha stimato inoltre che si potrebbe arrivare a circa 30 miliardi di sterline di maggior indebitamento nel 2019-20 prima che gli effetti positivi derivanti dai minor contributi al bilancio Ue si facciano sentire. Tale elaborazione non si discosta molto dalla stima del Tesoro, realizzata prima del referendum, di un costo annuale di 36 miliardi di sterline, anche se l'allora Cancelliere dello scacchiere aveva previsto l'ondata di effetti negativi solo 5 anni dopo il voto. In ogni caso, il danno maggiore per le finanze pubbliche arriverà dalla minor crescita. Con le entrate fiscali in calo registrate finora, l'Obr ha già detto che sarà "molto improbabile" raggiungere gli obiettivi contenuti nel Budget (la legge di bilancio britannica) 2016-17.
"UKIP USO' FONDI UE PER CAMPAGNA LEAVE"
'Pecunia non olet', soprattutto, anzi meglio, se si tratta di fondi della detesta Unione europea. Così sembra averla pensata l'eurodeputato Nigel Farage, leader del movimento eurofobico britannico Ukip e attuale interlocutore privilegiato del presidente eletto Usa, Donald Trump. L'Ukip ha spesso tra febbraio e dicembre dello scorso anno mezzo milione di fondi del Parlamento europeo di Strasburgo per fare campagna a favore della Brexit, il referendum del 23 giugno scorso, con cui Londra ha deciso l'uscita dall'Ue. Una pratica, l'uso di fondi Ue per campagne nazionali, esplicitamente vietata dal regolamento di Strasburgo. E' quanto riferisce la rete britannica Sky News secondo la quale il denaro è stato fornito dal gruppo parlamentare 'Alliance for Direct Democracy in Europe' (Adde), di cui fanno parte partiti di altre nazioni, ma che è dominato dall'Ukip.