L’ignoto comune svizzero di Chandolin, Canton Vallese, sarebbe stato l’angolo di paradiso con cui milioni di persone avrebbero scambiato il proprio posto a Ferragosto del 1942. Quel giorno, nel Mediterraneo centrale galleggiavano centinaia di cadaveri della battaglia aeronavale per Malta. Sul fronte orientale avanzavano i sovietici.
La mattina del 15 agosto, mentre il maresciallo Montgomery s’insediava in Africa al comando dell’VIII Armata, nel villaggio di Chandolin – dove la guerra era una notizia – il ciabattino Marcelin Domoulin, 40 anni, e la moglie Francine, maestra di 37, s’avviavano al massiccio dei Diablerets per mungere le vacche nell’alpeggio. Solo quando annottò, e il buio non restituì la coppia ai sette figli che aspettavano a casa, Chandolin si accomunò al resto del mondo nella ricerca dei dispersi, che risultata vana si trasformò nel lutto senza corpi e nella dispersione di cinque maschi e due femmine da allora in poi classificati orfani.
Sono trascorsi 75 anni prima che la montagna restituisse i signori Domoulin alle cronache e al ricordo di troppo sparuti superstiti. E’ rimasta la figlia più piccola Marceline, quattro anni quel giorno, settantanove adesso. I corpi, conservati benissimo alle basse temperature, sono stati ritrovati per caso sul ghiacciaio Tsanfleuron a 2.615 metri, con la loro sacca, un libro, una bottiglia, vestiti ancora di tutto punto per l’escursione estiva. Come agognando il riconoscimento, avevano addosso i documenti di identità.
Come se li avessero bombardati
“Abbiamo passato la vita a cercarli senza sosta. Non credevamo più di dare loro un giorno le esequie che si meritavano… dopo 75 anni di attesa questa notizia mi rasserena profondamente”, ha raccontato al quotidiano svizzero Le Matin la figlia Marceline. Per chi, piuttosto che al caso, crede al destino, dovrebbe definirlo crudele: quel Ferragosto era la prima volta che Francine accompagnava il marito all’alpeggio, essendo precedentemente impossibilitata fra una gravidanza e un parto ad affrontare l’impervia ascesa dei monti. Con la scomparsa di entrambi i genitori, i sette piccoli Domoulin subirono la dissoluzione di una famiglia normale fino a quel mattino. Come fosse una famiglia in guerra, come se li avessero bombardati.
Le ricerche durarono due mesi e mezzo, più delle speranze. Poi ci fu la resa all’evidenza. Forse erano caduti in un crepaccio. Chissà. Lo scioglimento del blocco ghiacciato che ne ha sigillato i corpi sul Tsanfleuron non chiarisce quel mistero di Ferragosto, ma ormai è poco importante anche per Marceline, che rivive offuscate memorie: “Ricordo la sorella di mio padre che piangeva sulle scale di casa mentre mi teneva fra le braccia…Noi bambini, poco tempo dopo, fummo separati e sistemati presso famiglie diverse. Io fui fortunata: restai con mia zia”. Si ritrovarono quindici anni dopo: “Vivevamo tutti nella regione ma eravamo diventati sconosciuti l’uno all’altro, finché uno dei miei fratelli, intanto diventato prete, organizzò una messa commemorativa dei nostri genitori sul ghiacciaio. Nel 1957”.
Il paese che non esiste più
Fra le crudeltà della montagna c’è talvolta la misteriosità della morte, che quando si disvela troppo tardi rende impossibile la celebrazione dei lutti. Stando solo alla Svizzera si parla ancora dei fratelli Fidelis, Cletus e Johann, alpinisti scomparsi nel 1926 i cui resti riemersero dai ghiacci nel 2012. Fu ritrovato e identificato nel 2008 il corpo di Jean-Pierre C., terzo membro di una tragica cordata caduta nel 1954. Poi i fidanzati Hanspeter e Claudine, ricorda Le Matin, dispersi nel 2008 e rinvenuti quattro anni dopo. Esprime quest’angoscia una storia frantumata in decine di versioni: la Legenda Aurea parla dei Sette dormienti di Efeso, che un miracolo risveglia duecent’anni dopo; il Corano nella Sura della Caverna, Al-Kahf, narra di giovani addormentati che riappaiono in un’epoca dopo nei corpi con cui s’assopirono. Il cane di terracotta, la seconda avventura del commissario Montalbano di Andrea Camilleri, riprende i miti con una coppia uccisa che torna alla luce da una grotta. Marceline, attraversata per l’intera vita dalla nostalgia dei genitori, avrebbe voluto ritrovarli, morti come logica vuole o vivi come vorrebbe ogni bambina, in qualche anfratto dove si ferma il tempo. Oggi che sono due cadaveri documentati, anche per l’esatta burocrazia svizzera, confida che salì tre volte sul ghiacciaio “sempre alla loro ricerca. Mi chiedevo costantemente se avessero sofferto e cosa erano diventati”.
Settantacinque anni dopo Chandolin non esiste. Il comune, inglobato con altri villaggi, si chiama Anniviers. I signori Domoulin neanche da morti possono più tornarci.