Sono questioni delicate e piuttosto complicate quelle che attendono il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il numero uno cinese Xi Jinping. I leader delle due principali economie del mondo si incontreranno nel resort di Mar-a-Lago, in Florida, il 6-7 aprile.
Al centro c'è la questione Pyongyang
Una telefonata di "grande significato" per la pace e la stabilità regionale e mondiale: così il ministero degli Esteri di Pechino ha definito un colloquio tra il Consigliere di Stato cinese, Yang Jiechi, e il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, che si sono sentiti in vista del summit. La telefonata è arrivata dopo che Donald Trump si era detto pronto ad agire unilateralmente nei confronti della Corea del Nord, come ha affermato in un'intervista al Financial Times, se Pechino non aiuterà gli Stati Uniti a neutralizzare la minaccia di Pyongyang. Trump non è entrato nei dettagli, ma ha spiegato che un "incentivo" all'accordo con la Cina può essere "il commercio". Poco prima l'ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley, aveva avvertito che Washington "continuerà a mettere pressione" alla Cina perché agisca sulla Corea del Nord.
La Cina non vuole "una guerra sull'uscio di casa"
La posizione ufficiale di Pechino sull'ex alleato Pyongyang è legata al mantenimento della stabilità regionale: "La Cina non vuole una guerra sull'uscio di casa", aveva dichiarato il 16 marzo scorso, il primo ministro cinese, Li Keqiang. Finora Pechino ha più volte sottolineato la necessità di fare ripartire i colloqui a sei con la Corea del Nord per la denuclearizzazione della penisola, interrottisi poco prima del secondo test nucleare di Pyongyang, nel 2009, e ha chiesto di evitare azioni che possano provocare un'escalation della tensione.
Evitare lo scontro frontale tra Corea del Nord e Usa
Il Ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, nella conferenza stampa del mese scorso, durante i lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, aveva proposto la "doppia sospensione", ovvero la sospensione dei test nucleari e missilistici di Pyongyang, a cui Pechino è contraria, e la sospensione degli esercizi militari congiunti tra Stati Uniti e Corea del Sud, per evitare uno "scontro frontale" tra Pyongyang e Washington. Tillerson era stato a Pechino il mese scorso, ultima tappa di un viaggio in Asia orientale che lo aveva portato prima a Tokyo e poi a Seul.
North Korea is behaving very badly. They have been "playing" the United States for years. China has done little to help!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 17 marzo 2017
A colloquio con i partner asiatici, il segretario di Stato Usa aveva usato toni molto duri nei confronti della Corea del Nord: con Pyongyang, aveva detto, serve un "nuovo approccio" dopo venti anni di fallimenti diplomatici e non aveva escluso il ricorso all'opzione militare per neutralizzare la minaccia missilistica e nucleare del regime di Kim Jong-Un. A Pechino, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, Tillerson aveva usato toni più lievi, anche se dietro le quinte, il capo della diplomazia Usa sarebbe stato molto più specifico con i vertici cinesi, compreso Xi, incontrato la mattina del 19 marzo.
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