Il capitano della nazionale di calcio degli Stati Uniti, l'ex romanista Michael Bradley, ha preso una netta posizione contro lo stop agli arrivi da sette Paesi musulmani deciso da Donald Trump. "Sono triste e imbarazzato", ha scritto il 29enne centrocampista figlio di un allenatore di Princeton, "quando Trump è stato eletto, speravo solo che il presidente fosse diverso dal candidato e che quella retorica xenofoba, misogina e narcisitica potesse essere rimpiazzata da un approccio piu' umile e misurato alla guida della nostra nazione". "Mi sbagliavo", ha aggiunto, "e il bando musulmano è solo l'ultimo esempio di qualcuno che non potrebbe essere più scollegato dal nostro Paese e dalla giusta strada per andare avanti".
Bradley, che gioca in Canada nel Toronto, non è nuovo a prese di posizioni forti: lo scorso anno indossò una fascia da capitano con i colori dell'arcobaleno per solidarietà con le vittime della strage in un nightclub frequentato da gay in Florida. Il nuovo intervento è più rischioso politicamente, in quanto da capitano della nazionale sta criticando la Casa Bianca, ma il presidente della federcalcio Usa, Sunil Gulati (di origine indiana), e lo stesso ct Bruce Arena hanno affermato che è suo diritto esprimere un giudizio.
La nazionale di calcio Usa, tra l'altro, è una sorta di multinazionale, dal centrocampista 'serbo' Sacha Kljestan che si è detto "abbastanza disgustato" dalla presidenza Trump, a Jermaine Jones (nato in Germania), Darlington Nagbe (Liberia), Benny Feilhaber (Brasile), Juan Agudelo (Colombia), Jozy Altidore (Haiti), Jorge Villafana (Messico) e Sebastian Lleget (Argentina).