Donald Trump non avrebbe potuto scegliere giorni peggiori per varare il bando ai visti per i musulmani provenienti da sette paesi e per i rifugiati provenienti dalla Siria. Il 27 gennaio è stata celebrata la 'Giornata mondiale per il ricordo dell'Olocausto', ovvero lo spaventoso genocidio i cui morirono oltre sei milioni di ebrei insieme a gay, zingari, dissidenti politici.
Tra loro c'era Anna Frank, l'olandese autrice del "Diario" autobiografico uccisa a 15 anni nel campo di concentramento tedesco di Bergen-Belsen, e alla quale proprio gli Stati Uniti avevano rifiutato il visto di ingresso che l'avrebbero salvata dalla follia nazista. Il dettaglio, che in queste ore getta una ulteriore ombra simbolica sulle misure dell'amministrazione americana, fu rivelato da una ricerca messa a punto per conto dell''Istituto di ricerca ebraica (Yivo) dallo storico Richard Breitman, che indagò sui tentativi fatti da Otto Frank (papà di Anna, ndr) per trasferire la propria famiglia (la moglie, Edith, e le figlie Margot e Anna) e così sottrarla alle persecuzioni naziste.
Bocciate due richieste di asilo del papà
Otto fece richiesta di asilo per ben due volte: nel 1938 e nel 1941. "I suoi sforzi - spiega Breitman - furono bloccati dalle politiche restrittive sull'immigrazione varate (dagli Stati Uniti, ndr) per proteggere la sicurezza nazionale e difendersi dal flusso di stranieri durante la guerra". Sono - a parte il dato sull'esistenza di una guerra mondiale, che oggi non è in corso - le stesse motivazioni dell'amministrazione Trump, il cui ordine esecutivo contenente il bando per i rifugiati trova l'opposizione di diverse organizzazioni ebraiche americane tra Hias, che si occupa dei profughi e che ha raccolto il sostegno di 1.500 rabbini per la causa di tutti i rifugiati, di qualunque fede religiosa essi siano.
Il naufragio della speranza
Non solo Anna Frank fu tra le vittime ebree dell'Olocausto alle quali era stato rifiutato il visto. Il 13 maggio del 1939 oltre 900 ebrei erano riusciti a fuggire dalla Germania a bordo di una nave da crociera, la St Louis. Speravano di raggiungere Cuba, e da lì andare negli Stati Uniti. La nave arrivò al largo dell'isola il 27 maggio, comandata dal capitano Gustav Schroder, il cui equipaggio si era distinto per la gentilezza con cui aveva trattato i passeggeri e che a questi ultimi aveva fatto percepire la differenza con le brutalità appena prima subite in patria. Schroder si vide negato l'ingresso nel porto dalle autorità cubane, e a quel punto condusse la nave verso la Florida. Nonostante gli appelli diretti all'allora presidente americano, Franklin Delano Roosevelt, la nave fu respinta e rientrò in Europa. A bordo vi erano oltre 900 ebrei. Di questi, negli anni successivi ne sarebbero morti oltre 250 per mano nazista.