Roma - "Ora siamo sotto pesanti bombardamenti. Tra la vita e la morte, per favore pregate per noi". E' l'ultimo disperato messaggio, postato su twitter, da Bana Alabed, la bambina di 7 anni diventata uno dei simboli delle migliaia di civili intrappolati ad Aleppo est. Domenica intorno alle 21 ora italiana la piccola, che twitta in inglese da un profilo gestito dalla madre, ha scritto che la sua famiglia non ha piu' una casa, "è stata bombardata e sono tra le macerie. Ho visto morti e sono quasi morta".
Under heavy bombardments now. In between death and life now, please keep praying for us. #Aleppo
— Bana Alabed (@AlabedBana) 28 novembre 2016
Tonight we have no house, it's bombed & I got in rubble. I saw deaths and I almost died. - Bana #Aleppo pic.twitter.com/arGYZaZqjg
— Bana Alabed (@AlabedBana) 27 novembre 2016
The army got in, this could be our last days sincerely talking. No Internet. Please please please pray for us.- Fatemah #Aleppo
— Bana Alabed (@AlabedBana) 27 novembre 2016
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Il tweet è completato da una foto che la mostra avvolta nella polvere. Nella giornata di domenica, Bana ha scritto ai suoi 94.000 follower: "Questo potrebbe essere l'ultimo giorno in cui possiamo parlare liberamente. Non c'e' internet. Per favore, per favore, per favore pregate per noi". E ancora, poco dopo: "Ultimo messaggio - sotto pesanti bombardamenti, non possiamo piu' restare vivi. Quando moriremo continuare a parlare delle 200.000 persone che sono ancora qui. Ciao".
Message - we are on the run as many people killed right now in heavy bombardments. We are fighting for our lives. still with you.- Fatemah
— Bana Alabed (@AlabedBana) 28 novembre 2016
Nemmeno le bombe sono finora ruscite a fermare la sua voce. Dopo alcune ore da quello che poteva essere il suo "ultimo tweet', Bana scrive: "Siamo in fuga e moltissime persone restano uccise sotto i pesanti bombardamenti. Stiamo combattendo per le nostre vite".
Dal terreno:
- I ribelli perdono i quartieri settentrionali di Aleppo est
Nelle ultime ore, dopo un weekend di violenti combattimenti, migliaia di civili hanno lasciato la zona est di Aleppo, fuggendo in parte verso le aree controllate dai peshmerga curdi, altri verso quelle gestite dai governativi. La riconquista di Aleppo da parte delle forze di Assad viene considerata determinante perché il regime soffochi definitivamente la ribellione. Negli ultimi due giorni i ribelli siriani hanno perso tutti i quartieri settentrionali di Aleppo est. In pratica, la zona della città ancora in mano ai ribelli è stata tagliata in due. Secondo quanto riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani, l'esercito ha riconquistato i sobborghi Sakhur, Haydariya e Sheikh Khodr, mentre le forze curde, che ad Aleppo non sono alleate con il regime ma sono considerate dall'opposizione al fianco delle forze regolari, hanno ripreso il quartiere Sheikh Fares. Si tratta della più pesante sconfitta dal 2012, sottolinea il direttore dell'Osservatorio Rami Abdel Rahman. Secondo il quotidiano filo-governativo Al-Watan, l'esercito siriano sta avanzando velocemente.
La diplomazia:
- La corsa di Kerry per salvare la città assediata
Il tempo inizia ad esaurirsi per trovare un accordo su Aleppo, sconvolta da un lungo assedio che potrebbe risolversi in un ennesimo bagno di sangue. Decine di migliaia di persone fuggono dalla citta' dove avanzano le forze di Bashar Assad, e sul lato diplomatico l'Amministrazione Obama tenta di giocare un'ultima carta. Il Segretario di Stato, John Kerry, è impegnato da diversi giorni in estremo tentativo di fermare gli scontri e congelare la situazione. Sempre piu' difficile, soprattutto alla luce del fatto che anche oggi le forze di Assad, aiutate dalla pesante mano russa, hanno riguadagnato il controllo di tutto il settore nordorientale della città. La formula su cui sta lavorando il Dipartimento di Stato, con tutta la discrezione necessaria in un caso cosi' delicato, si basa su due punti. Il primo: concentrare i negoziati sulla sola Aleppo, tralasciando tutto il resto. Il secondo: allargare l'accordo ad una serie di paesi garanti che vanno dall'Arabia Saudita, al Qatar, alla Turchia.
La guerra in Siria:
- Perché la vittoria passa per Aleppo
Situata nel nord, ad appena 50 chilometri dal confine turco, quella che prima della guerra era la capitale economica e il motore industriale del Paese, ha uno straordinario prestigio storico e politico e una notevole importanza geopolitica: è lungo un importante asse di rifornimento per l'esercito. Se conquistasse anche Aleppo, il regime avrebbe il controllo su tutte e cinque le principali città del Paese, oltre a Damasco, Homs, Hama e Latakia, fa notare Fabrice Balanche, esperto di Siria del Washington Institute for Near East Policy. Non solo: il regime avrebbe aperta la porta per recuperare il controllo della provincia di Idlib che è ancora quasi tutta in mano a ribelli e jihadisti: i gruppi ribelli si ritroverebbero confinati la gran parte a Idlib, poche sacche a Deraa, culla della loro rivolta, e poi vicino a Damasco. E i ribelli, che da quando Mosca è entrata solidamente in guerra al fianco di Damasco, hanno perso progressivamente la gran parte del loro territorio, rimarrebbero isolati in poche sacche di resistenza.
Per approfondire:
Washington Post - Inside Kerry’s race to stop the siege of Aleppo