Roma - Acquistare forza e coraggio ma anche placare il morto, esorcizzandone la possibile vendetta. Nei riti magici e sacrali e' questo il significato simbolico del mangiare il cuore del nemico, un topos che ha avuto grande fortuna letteraria, da Boccaccio a Dante. Il jihadista di Al Nusra - che comparve 3 anni fa in un video choc in cui strappava il cuore di un soldato del regime siriano e lo addentava - aveva giustificato il suo gesto come una vendetta contro gli abusi del regime. "Giuro su Dio che mangeremo i vostri cuori e i vostri fegati, voi soldati del cane Bashar (al Assad)", mormorava mentre compiva la truculenta operazione.
E proprio il senso della vendetta - pur in tutt'altro contesto - e' spesso associato al gesto nella letteratura cavalleresca: qui e' il marito geloso che, per vendicarsi del tradimento, da' in pasto alla moglie il cuore dell'amante. Cosi' succede, ad esempio, nel Decameron (IV, 9) dove Boccaccio immagina messer Rossiglione che "da' a mangiare alla moglie sua il cuore di messer Guardastagno ucciso da lui e amato da lei; il che ella sappiendo poi, si gitta da un'alta finestra in terra e muore, e col suo amante e' seppellita". Nella Vita Nuova, invece, Dante rovescia il simbolo, trasformandolo nell'offerta del proprio amore e della propria interiorita': cosi', nel sogno, Beatrice mangia il cuore palpitante del poeta vivo e innamorato. (AGI)