Beirut - Sono passati esattamente 5 anni da quando, sulla spinta delle cosiddette "primavere arabe", iniziarono anche in Siria le prime manifestazioni di protesta a Damasco contro il regime locale, impersonificato dal presidente Bashar al-Assad. Da quel giorno le dimostrazioni pubbliche si sono estese a livello nazionale per poi trasformarsi in un'utentica guerra civile ('per procura' visto il coinvolgimento di attori esterni) nel 2012. La guerra siriana è un mosaico di conflitti, trattative e alleanze mutevoli che ha provocato finora almeno 273.520 vittime (879.585 delle quali civili, 13.694 bambini e 8.823 donne) e su 23 milioni di persone, 4,7 milioni di siriani hanno abbandonato la loro terra. La posizione strategica della Siria, i suoi legami internazionali e il perdurare della guerra civile hanno fatto si' che anche i Paesi confinanti, prima, e l'intera comunita' internazionale, poi, venissero coinvolti. Una guerra prima di tutto politica ma che vede riflessa al suo interno anche una forte componente religiosa ed etnica. Il presidente siriano e i suoi sostenitori appartengono alla comunità religiosa minoritaria alauita (sciita) per questo motivo le nazioni a maggioranza sciita sono intervenute in difesa del governo siriano come l'Iran e l'Iraq che cercano di mantenere un governo alleato, nonché di Cina e Russia. Il fronte dei ribelli, invece, è sostenuto dalla principale forza di opposizione dell'Esercito siriano Libero, dalla Turchia e dai Paesi sunniti del Golfo (Arabia Saudita, Qatar) che mirano a contrastare la presenza sciita in Medio Oriente e di Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Su questo delicato scacchiere si deve aggiungere l'ascesa dei gruppi estremisti che mano a mano hanno visto aumentare la loro influenza sul campo di battaglia. Già dal 2012 cominciano a emergere i primi gruppi organizzati di ispirazione fondamentalista e dichiaratamente vicini all'ideologia di Al Qaeda. Il più numeroso e meglio armato e' il Fronte Jubath al Nusra, protagonista di diversi attentati suicidi.
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Sempre nel 2012 cominciano ad affluire i primi jihadisti stranieri, il movimento sciita libanese Hezbollah invia i suoi miliziani a sostegno del regime. E' nel 2013 che una nuova formazione composta prevalentemente da miliziani non siriani prende piede: e' lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS). Ad aprile 2013, il leader dello Stato Islamico dell'Iraq (ISI), Abu Bakr al-Baghdadi, dichiara la fusione dei due gruppi nello Stato Islamico dell'Iraq e al-Sham (ISIS). A due anni e mezzo dall'inizio della guerra civile il bilancio è già drammatico: oltre 110mila morti e 5 milioni di sfollati. Un numero che inesorabilmente continuerà a salire. Il 2013 e' anche l'anno in cui l'Onu denuncia l'uso di armi chimiche che, secondo l'opposizione provoca la morte di oltre mille persone a Damasco. Altra tappa fondamentale è la data delle elezioni presidenziali del 2014, in queste consultazioni nella quali non mancano forti polemiche per il loro svolgimento, viene eletto per la terza volta Bashar al-Assad. Intanto in Iraq l'Isis occupa Mosul, la seconda citta' irachena, dove al Baghdadi annuncia la nascita del Califfato e da quel momento e' un susseguirsi di successi sul campo di battaglia e inizia l'avanzata verso Baghdad. Solo a quel punto il mondo, Stati Uniti in primis, si accorgono di Isis che solo 6 mesi prima Barack Obama aveva definito solo come "le riserve giovanili di una squadra di basket". Questa svolta preoccupa i governi occidentali che, dopo una nuova offensiva dell'Isis che rompe le linee di difesa dei peshmerga curdi nella Regione autonoma del Kurdistan Iracheno, decidono di organizzare una coalizione di 11 Paesi che interviene limitatamente all'Iraq. L'intervento in Siria viene dapprima escluso dagli Stati Uniti per paura di aiutare le truppe di Assad. Il 23 settembre, pero', la strategia di Barack Obama muta e una coalizione guidata dagli Usa che comprende 5 nazioni arabe (Bahrein, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) comincia i primi bombardamenti su territorio siriano. E' a gennaio 2015 che le milizie curde annunciano che la citta' di Kobane e' sotto il loro controllo e l'autoproclamato Stato Islamico annuncia il ritiro dalla citta'. A dicembre 2015, dopo gli attacchi di Parigi, Londra si unisce ai raid della Coalizione anti-Daesh (la dizione in arabo di Isis, ndr) in Siria. E' di oggi l'annuncio del ritiro delle truppo russe dalla Siria anche se "e' ancora troppo presto per parlare di una vittoria sul terrorismo", ha chiarito il Cremlino. La notizia arriva mentre a Ginevra proseguono i colloqui di pace tra governo e opposizione. Nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 27 febbraio la situazione umanitaria resta drammatica. E a pagare un prezzo altissimo sono anche i siti patrimonio dell'Unesco tra cui i castelli medievali di Aleppo e il sito archeologico di Palmira raso al suolo dai terroristi dell'autoproclamato Stato Islamico. (AGI)