Roma - La verita' sulla morte di Giulio Regeni si allontana e aumenta la tensione tra il Cairo e Roma, che rifiuta piste investigative "improbabili" e realizza un passo diplomatico importante nei confronti del regime del generale-presidente Abdel Fattah al-Sisi: "Vogliamo accedere alle carte dell'inchiesta". C'e' la 'vendetta personale', infatti, tra le ipotesi ritenute possibili dagli egiziani per la morte del ricercatore italiano. Ad affermarlo, poco prima che Paolo Gentiloni rispondesse a una interrogazione di Sel alla Camera, e' stata una nota del ministero dell'Interno egiziano. Le forze di sicurezza, proseguiva la nota, "lavorano intensamente per scoprire le ragioni dell'omicidio e sono impegnate ad aggiornare la pubblica opinione egiziana e quella italiana sugli ultimi sviluppi alla luce degli stretti rapporti bilaterali".
Ma e' proprio questi ultimi che quella nota ha alterato, rendendo evidente per la prima volta con chiarezza agli occhi del governo italiano l'unica certezza di questa vicenda: a 21 giorni dal ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni ai bordi di una strada alla periferia del Cairo il regime di al-Sisi non collabora, e anzi depista verso quella che il capo della Farnesina ha ribadito anche oggi di non voler accettare: una "verita' di comodo". Per questo il governo italiano, ha annunciato Gentiloni, trasmettera' "attraverso opportuni canali diplomatici richieste specifiche...gli investigatori italiani devono avere accesso a documenti sonori e filmati, reperti medici, atti della procura di Giza".
E' un passo formale, quello di Roma, deluso e irritato, e nelle relazioni diplomatiche cio' ha un significato ben preciso, soprattutto se si tiene conto di quel che l'ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, disse il 7 febbraio scorso: l'Egitto e' oggi a "un banco di prova per la sua credibilita'" come paese e come partner strategico dell'Italia. Non passa un'ora dalla dichiarazione di Gentiloni in parlamento che Il Cairo sembra voler fare marcia indietro con una nota che elenca in dettaglio i risultati raggiunti dal team investigativo egiziano e che al tempo stesso conferma: "I dati e le informazioni disponibili portano a tutte le piste compresa quella criminale o quella della vendetta per motivi personali". Nebbia, insomma. Sabbia anzi, sollevata anche da al-Sisi con il teorema del complotto ai danni delle relazioni bilaterali. "I terroristi -ha detto in un discorso senza riferimenti diretti al caso Regeni- vogliono minare i rapporti tra noi e l'Italia".(AGI)