New Delhi - E' salito ad almeno 12 morti il bilancio provvisorio degli scontri innescati dalle tensioni tra caste in India. La crisi, che si andava incubando da giorni, è degenerata nella violenza e sta mettendo a rischio la fornitura dell'acqua a New Delhi, che non è lontana dallo Stato di Haryaba dove ci sono state tensioni. All'origine delle violenze, le proteste dei Jat, casta dominante nello Stato, che chiede di accedere a quote garantite nel lavoro e nell'istruzione come le caste inferiori. Gli jat sono un comunità principalmente di campagna che da decenni chiede di essere considerata classe svantaggiata in 9 Stati indiani, il che gli darebbe accesso ai privilegi sociali come gruppo svantaggiato, una misura introdotta dal governo per riequilibrare la disuguaglianza tra gli strati della società.
Le tensioni sono scoppiate venerdì quando nella città di Rohtak manifestanti si sono scontrati con le forze di sicurezza, lanciando pietre, bloccando il traffico e dando fuoco alla casa del ministro delle Finanze locale. Un dimostrante è rimasto ucciso. Ma i tumulti sono continuati anche nel week end: fiamme sono state appiccate a uffici e alle stazioni dei treni, bloccandone a centinaia.
I colloqui avviati con la sezione locale del Bharatiya Janata Party, il partito di governo, finora non hanno portato a nulla. "Le proteste finiranno solo quando il governo accetterà le nostre richieste", ha fatto sapere Yashapal Malik, presidente dell'organizazzione Jat, respingendo "false assicurazioni".
L'India non è nuova a questo genere di violenze: lo scorso agosto, nello Stato occidentale del Gujarat per settimane la casta Patel aveva manifestato per ottenere lo stesso trattamento speciale delle caste inferiori e diverse persone erano rimaste uccise durante gli scontri. (AGI)