Roma - Al Qaeda minaccia l'Italia, che intanto accelera i tempi per la formazione di un governo che dia sicurezza alla Libia e insiste per una soluzione politica: "L'unica risposta e' la stabilita'", ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Nel mirino dei jihadisti c'e' l'accordo firmato a Skhirat il 17 dicembre scorso sotto l'egida dell'Onu per la creazione di un governo di unita' nazionale: un "complotto italiano", secondo al Qaeda, che ricorda quello ordito da "Paul Bremer come governatore dell'Iraq e del compagno di crimini Donald Rumsfeld su Baghdad dopo l'intervento criminale di Bush". Roma "ha proclamato la ricolonizzazione della Libia, ma non avra' mai le ricchezze del Paese senza passare sui nostri cadaveri, non ci arrenderemo mai, sara' la vittoria o la morte", e' il duro atto di accusa lanciato in un video di 23 minuti dal numero due dell'organizzazione terroristica, Abou Oubeid Youssouf al-Anabi. Il pressing italiano sulle fazioni libiche affinche' rispettino i tempi per la formazione del nuovo governo di Fajaz Serraj prosegue, anche nonostante le resistenze di Parigi e Londra, che sembrano preferire il ricorso alle armi. La presentazione dell'esecutivo e' fissata per domenica 17 gennaio e in queste ore - a quanto apprende l'AGI - c'e' un frenetico lavoro politico per imprimere l'ultima accelerazione al processo, nella convinzione che solo un nuovo governo libico potra' chiedere all'Onu un'azione militare contro il gruppo jihadista, la cui avanzata rischia di diventare inarrestabile. Quando Serraj presentera' la lista dei ministri, che molto probabilmente saranno 22, ci vorranno altri 10-15 giorni per il voto della Camera del rappresentanti di Tobruk.
Nella fase piu' delicata del processo, Roma ospitera' martedi' 19 i rappresentanti di tutti i diciotto Paesi che in qualche modo hanno interessi in Libia e sostengono il nuovo governo. La riunione sara' a livello di direttori politici, ma la base sara' quella della conferenza internazionale di meta' dicembre, quando alla Farnesina si riunirono intorno al tavolo Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, l'Ue, la Spagna, e diversi Paesi africani e del Medio Oriente come Egitto, Algeria, Ciad, Emirati Arabi, Marocco, Niger, Qatar, Turchia e Tunisia. In quella occasione arrivo' una spinta per la firma dell'accordo di riconciliazione, due giorni dopo in Marocco. Si tratta di un summit tecnico che definira' le prossime mosse a sostegno del governo di unita' libico. Sono in corso in queste ore contatti per allargare ulteriormente il formato della riunione, con il coinvolgimento di altri Paesi. "La necessita' di stabilizzare la Libia" e "impedire che diventi una Somalia a 300 km dalle nostre coste" e' di "tutti" i paesi occidentali, ha affermato Gentiloni, per il quale "non c'e' nulla di vero" nelle notizie su presunte frizioni tra Roma e Parigi, quest'ultima, per la verita', sempre in procinto di bombardare a far saltare cosi' una delicata operazione di chirurgia politica. L'avanzata dell'Isis nel Paese ha maggiormente avvicinato le posizioni delle fazioni libiche, che forse ora piu' che mai si stanno rendendo conto che non c'e' piu' tempo da perdere davanti all'avanzata del gruppo jhadista. Il flusso di combattenti provenienti da Iraq e Siria, le roccaforti del califfato, e' in aumento. Le forze tribali locali (legate al governo non riconosciuto a livello internazionale di Tripoli) e quelle di Tobruk, stanno collaborando a un piano di sicurezza. Dopo i recenti attacchi dell'Is contro i terminal petroliferi, le guardie tribali che controllano la zona della Mezzaluna petrolifera libica hanno intrapreso una serie di misure di sicurezza volte a mettere in sicurezza l'area. Secondo quanto riferiscono i media libici sono stati svuotati i depositi di petrolio di Ras Lanuf, cosi' come ad Agedabia sono arrivati i rinforzi di uomini e mezzi del governo di Tobruk per mettere in sicurezza la citta'. E per la Farnesina "al momento" nopn vi sono conferme sulla cattura da parte dell'Isis di 150 tra militari e guardie petrolifere nell'est. Si agisce ancora comunque su un terreno minato. Le stesse due fazioni sono a loro volta suddivise in una miriade di gruppi armati che fanno capo alle varie componenti tribali, etniche e religiose libiche. Nei giorni scorsi, secondo quanto riportato dal Libya Herald, il Consiglio presidenziale libico guidato dal premier designato al Sarraj ha dichiarato "pieno sostegno" all'Esercito nazionale libico (Lna), comandato dal generale Khalifa Haftar, la cui posizione nei confronti dell'accordo e' notoriamente contraria. I membri della 21ma brigata dell'Esercito nazionale libico (Lna), fedele al generale, hanno preso posizione fuori dalla citta' di Agedabia, nell'est. Le unita' sono state dispiegate nella zona chiamata Bawaba 60, alle porte della citta'. I soldati controllano la zona con posti di blocco per prevenire eventuali attacchi da parte dello Stato islamico. Oggi un comandante dell'Isis in Libia e' stato uccisi da un cecchino nel centro di Sirte, roccaforte del gruppo jihadista. (AGI)