Roma - Non potrà dire "lo Stato sono io", come il suo illustre antenato, ma è certo che Felipe VI, re di Spagna da un anno e mezzo, discendente diretto di Luigi XIV - il Re Sole, - è chiamato a un ruolo delicatissimo e inedito per la giovane monarchia costituzionale spagnola. Le elezioni di ieri hanno consegnato un Paese senza una chiara maggioranza dopo quasi 40 anni di bipartitismo, e il giovane Felipe, succeduto nel 2014 al padre Juan Carlos I, dovrà tentare di dipanare la matassa. Come? Svolgendo un ruolo di arbitro, qualcosa di più di una semplice moral suasion, che il padre non ha mai esercitato, e che ha pochi precedenti nelle monarchie europee moderne.
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Per dire, mai in 63 anni di regno Elisabetta II ha dovuto tenere "consultazioni" dopo le elezioni per formare una maggioranza. Lo stesso si può dire delle monarchie scandinave. Diverso il caso del Belgio, con il re Alberto II chiamato per ben due anni a riacquistare la centralità politica che la corona aveva perso da oltre un secolo visto lo stallo nel formare una maggioranza che mettesse d'accordo valloni e fiamminghi. Seppure in una situazione meno drammatica (ma anche qui non sono estranee le tensioni e le spinte autonomiste) Felipe VI di Borbone, classe 1968, dovrà fare quello che è normale per una Repubblica parlamentare (basta pensare al ruolo assunto in Italia negli ultimi 20 anni dal Capo dello Stato), ma quasi inedito in una monarchia.
Il Re, recita la costituzione spagnola firmata nel 1978 da Juan Carlos, salito al trono per esplicita volontà di Francisco Franco, è il Capo dello Stato, simbolo dell'unità nazionale, e soprattutto "arbitra e modera il funzionamento regolare delle istituzioni". Come? "Propone il candidato a presidente del Governo, e nel caso lo nomina, e pone fine alle sue funzioni nei termini previsti dalla legge". Un ruolo poco più che formale finora, ma che Felipe dovrà ora interpretare "politicamente": sentendo i leader dei partiti, cercando punti di incontro, smussando i contrasti, e se necessario prendendo decisioni. Un ruolo da re "presidenziale", che spesso ha invocato il principe Carlo a Londra, subito sommerso di critiche: un monarca ereditario non può, nel 2015, assumere decisioni politiche come se fosse Napolitano o Mattarella. Ma gli spagnoli ora guardano a Felipe: per una volta, dovrà essere lui il "presidente". (AGI)
(21 dicembre 2015)