Roma - Oggi Fabrizio De Andrè farebbe molta fatica a sfondare. E forse, non arriverebbe proprio al successo. A penalizzarlo il primo singolo, cartina tornasole che decreta ormai l'ascesa o la 'mortè artistica di un cantante. Ne è convinto Enrico Ruggeri, che con una carriera di oltre 40 anni alle spalle l'ambiente musicale lo conosce bene e nel nuovo firmamento della canzone vede troppe meteore che brillano all'improvviso per poi scomparire. "Ai miei tempi - spiega all'Agi - si diceva che bisognava aspettare il terzo, quarto album per giudicare un artista e definirlo 'di successo'. Ora ci si gioca tutto con il primo singolo". Da Franco Battiato a Ivano Fossati, da Vinicio Capossela a Vasco Rossi, fino a Ruggeri stesso "tutti gli artisti che calcano il palcoscenico da trenta, quaranta anni, non hanno raggiunto la notorieta' con il primo brano", osserva il cantante. "Sono tutte persone che hanno usufruito della pazienza, del lavoro, del denaro , dell'impegno delle case discografiche".
Cosa è cambiato? Per Ruggeri la differenza sostanziale è che oggi le case discografiche non hanno la disponibilità economica di un tempo e gli stessi posti di lavoro sono piu' a rischi. "Un discografico che fa un contratto quinquennale a un artista deve avere un posto di lavoro sicuro anche come direttore generale. L'ambiente è cambiato del tutto". Ma non è colpa di nessuno, precisa il musicista "i soldi non ci sono e nessuno può fare più investimenti a lungo termine. è lo stato delle cose" dichiara il cantante, reduce da Sanremo dove si è aggiudicato il quarto posto con 'Il primo amore non si scorda mai' e pronto per una tourneè per promuovere il doppio album "'Un viaggio incredibile'. (AGI)