Roma - "Video killed the radio star" cantavano agli inizi degli anni '80 i Buggles. Ma se la radio e' sopravvissuta all'avvento del videoclip, si e' dovuta reinventare per resistere alla crisi che ha investito l'industria della musica negli ultimi 10-15 anni, uscendone completamente trasformata. Per resistere all'avanzata di una musica sempre piu' 'liquida', digitale e 'pronta all'uso', e' stato sottratto spazio alle canzoni per programmi piu' "parlati". "Oggi chi ascolta radio lo fa piu' per la qualita' dell'intrattenimento che per la scelta musicale" spiega all'Agi Linus, storica voce di Radio Dj. "Siamo diventati tutti delle corazzate da cinque milioni di ascoltatori dove la musica tende un po' a uniformarsi. Per differenziarci quindi e' necessario puntare sull'intrattenimento, sulla personalita' del dj che gioca quindi un ruolo fondamentale".
Nel caso di Radio Dj il minimo storico si e' registrato nel 2000: "Siamo risaliti puntando lavorando sui programmi. E' in quel periodo che sono emersi Fabio Volo, il Trio Medusa, La Pina?". Linus, che "questo lavoro" lo fa "da quando esistevano i vinili", spiega che il cambiamento e' radicale: " una volta il disco fisso era solo uno, il che vuol dire che per mandare in programmazione una canzone bisognava attendere il proprio turno. Ora che la musica e' un file digitale si puo' condividere in contemporanea".
E se gli ascolti non sono calati, di sicuro e' cambiato il popolo della radio: "Il pubblico piu' giovane si e' allontanato, anche se si parla di un fenomeno di ritorno. Quindici, venti anni fa, gli ascoltatori andavano dai 15 ai 30 anni, oggi hanno abbondantemente oltre i 20 anni e superano di molto i 40 anni. E' chiaro che il ragazzo digitale nato e cresciuto con il pc ha un approccio diverso alla musica e non va a cercare la parola in radio".
Su di loro - continua - funziona di piu' Youtube, Spotify. Sono cresciuti a pane e talent che per Linus "sono divertenti e hanno avuto un ruolo molto forte nella scena musicale italiana. Ma non si puo' pero' attribuire loro il ruolo di scopritori di talenti. Per la sua struttura il programma porta sul palco ragazzi molto giovani, forse troppo, e spesso molto immaturi. Con grandi doti canore ed espressive, ma quello che fa la differenza e' la capacita' di scrivere le canzone, che propongono contenuti. Dai talent vengono fuori belle voci ma non supportate da quelle esperienze di vita che formano poi la persona a livello artistico"."Non sono nemico dei talent - prosegue - ma non credo che quelli siano la soluzione alla crisi dell'industria italiana".
Qual e' invece la soluzione? "Ricostruire l'industria discografica che ormai non esiste piu', partendo dalla figura-chiave del produttore. Hanno avuto una grande presenza fino agli anni '80-'90, ma ormai e' estinta. D'altronde l'industria industriale italiana non ha una lira". (AGI)