Roma - Sara' la vittoria alla presidenza di Donald Trump che ha annunciato di abolire tutti i limiti alle trivellazioni, soprattutto in Artico, posti dall'amministrazione Obama. Sara' la fiducia in un rialzo delle quotazioni del greggio in vista del meeting dell'Opec del 30 novembre che dovrebbe tagliare la produzione. Fatto sta che le perforazioni, in particolare quelle per la ricerca di shale oil, negli Stati Uniti hanno ripreso a pieno ritmo dopo il forte rallentamento dell'ultimo periodo causato dai prezzi bassi. Molti analisti hanno visto nel comportamento dei grandi produttori Opec, Arabia Saudita in testa, proprio la volonta' di mettere fuori gioco le tante societa' americane attive nello shale oil. Riyad, mantenendo invariata la produzione e in alcuni casi aumentandola in presenza di prezzi bassi e domanda calante, pero' non e' riuscita nel proprio intento. Anzi a subire i danni maggiori di questa politica sono stati gli altri paesi dell'Opec, come il Venezuela, la cui economia dipende esclusivamente dalla vendita di petrolio.
Tornando agli Stati Uniti, Baker Hughes ha comunicato che questa settimana i pozzi realizzati sono stati 19 toccando la quota complessiva di 471, il maggior incremento degli ultimi 16 mesi. Gli operatori di shale oil dalla fine di maggio hanno perforato 155 pozzi. Mentre un nuovo pozzo e' stato perforato per estrarre gas naturale portando il totale a 116. Tra gas e petrolio, quindi, l'incremento e' stato di 20 nuovi pozzi portando il totale a 587 nuove trivellazioni. (AGI)