(AGI) - Roma, 25 feb. - L'Arabia Saudita segna un importante punto nella sua guerra dei prezzi contro i produttori americani di shale oil. La Whiting Petroleum, il maggior produttore di petrolio del Nord Dakota, ha annunciato in una nota di aver sospeso tutte le attivita' di fracking, ovvero il processo di 'fratturazione idraulica' attraverso il quale vengono estratti idrocarburi dalle rocce, e di aver ridotto dell'80% le spese pianificate per il 2016.
"Crediamo che questa strategia conservativa dovrebbe aiutarci a mantenere la nostra posizione di liquidita' e lasciarci ben posizionati per capitalizzare su un rimbalzo dei prezzi", ha dichiarato l'ad del gruppo, Jim Wolker, nel comunicato.
La decisione dell'Opec di mantenere la produzione invariata nonostante l'abbondante offerta sui mercati, decisione adottata durante il vertice del novembre 2014, aveva l'obiettivo di non cedere quote di mercato alla concorrenza, in particolare ai produttori americani di petrolio non convenzionale che, sopportando sulla carta costi di produzione piu' alti, non avrebbero dovuto reggere prezzi sotto i 50 dollari al barile. I risultati di questa strategia, propugnata dai sauditi e dai suoi alleati nel cartello (come Emirati Arabi e Kuwait), sono comunque discutibili. A subire in maniera piu' pesante le conseguenze del tonfo delle quotazioni sono state proprio alcune economie aderenti all'Opec, in particolare Nigeria e Venezuela, paese ormai sull'orlo del baratro. I produttori di shale statunitense, da parte loro, hanno dimostrato una resistenza ai prezzi bassi e un talento in campo di efficienza che, nonostante il continuo calo delle trivelle attive certificato settimanalmente da Baker Hughes, non rende proprio all'ordine del giorno notizie come la serrata totale delle attivita' di fracking decisa da Whiting. (AGI)
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