Bitcoin, la 'crisi del settimo anno' della moneta virtuale
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Bitcoin, la 'crisi del settimo anno' della moneta virtuale

Bitcoin, la 'crisi del settimo anno' della moneta virtuale

di Andrea Cauti
 computer informatica hacker cyber security
 computer informatica hacker cyber security
Roma - Nell’era della realtà virtuale, di Internet e dei social network, della postverità, dove il mondo dell’e-commerce è sempre più presente e importante, un ruolo di crescente rilievo lo ricoprono i Bitcoin. Si tratta delle ‘monete virtuali’ nate nel 2008 per iniziativa di un programmatore noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto che ha lanciato questa valuta digitale (uscita ufficialmente il 3 gennaio 2009) distribuendola come un software da installare in un certo numero di computer per poter poi operare da remoto. La diffusione dei Bitcoin è stata rapida e legata a motivi finanziari e ideologici. Si pensava di poter creare una metaeconomia virtuale in cui le banche sarebbero risultate obsolete perché avrebbero permesso transizioni finanziarie tra cittadini senza alcun intermediario.
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I fautori del Bitcoin facevano un parallelo con Internet che aveva “democratizzato” l'editoria, fornendo una piattaforma che chiunque può usare per pubblicare un articolo, una canzone o un film in tutto il mondo. La forza di Bitcoin è che l'invio di un pagamento elettronico non ha bisogno di una banca che agisca come intermediario di fiducia. Bitcoin, infatti, usa la matematica per proteggere le transazioni, rendendo di fatto inutile la presenza delle banche.
Proprio per queste grandi aspettative, dal 2013 gli investitori hanno iniziato a versare milioni di dollari in start-up Bitcoin per gestire la moneta unica e gli scambi. Un investimento che è cresciuto passando da 95 milioni di dollari nel 2013, a 362 milioni nel 2014 fino agli 866 milioni nel 2015. L’entusiasmo, però, sembra ora essersi raffreddato: nei primi undici mesi del 2016 sono stati investiti poco meno di 380milioni. Il motivo di questo calo significativo, secondo gli esperti, è da ricercare nella frattura ormai insanabile tra i diversi sviluppatori Bitcoin. Satoshi Nakamoto inizialmente aveva progettato la sua moneta per essere scambiata in una rete fatta per elaborare solo poche migliaia di transazioni all'ora. Adesso che Bitcoin è diventato così popolare, la rete è apparsa inadeguata. Aumentare la capacità di questa non è difficile da un punto di vista tecnico, ma proposte per affrontare il problema hanno incontrato molta resistenza da parte dei cosiddetti ‘puristi’ Bitcoin che temono che la rete Bitcoin peer-to-peer possa diventare dipendente dalle grandi aziende delle telecomunicazioni. Questo dibattito ha diviso la comunità Bitcoin in due fazioni e rallentato l’azione degli sviluppatori. Come risultato, ci sono stati solo modesti miglioramenti e gli utenti Bitcoin hanno subito ritardi più lunghi nei tempi delle transazioni. Tra i motivi per cui si è registrata una frenata della diffusione del sitema virtuale Bitcoin, c'è il fatto che sia la moneta privilegiata nel mercato illegale e nel cosiddetto 'deep web'. Una evidenza la cui portata, però, è molto meno significativa di quanto si dica
Come funziona il sistema Bitcoin
Bisogna partire di ‘miner’ e ‘wallet’. Per Miner si intende uno o più computer messi a disposizione del P2P (rete di condivisione di file o, nel caso, di Bitcoin) per l’operazione di verifica della correttezza di un’operazione. Per Wallet, invece, si intende il programma che permette di entrare nella rete Bitcoin e contiene indirizzi e chiavi per effettuare le transazioni economiche, cosa che fa del wallet una banca personale per Bitcoin. Possono essere installati sullo smartphone per piccoli pagamenti con QR Code e possono essere un servizio web o un software. Per usare un Bitcoin è necessario avere una chiave di decrittazione, che si può ottenere nei wallet. Proprio questo è il passaggio più delicato perché è in questi frangenti che si possono intromettere gli hacker che possono rubare i codici. Per poter spendere un Bitcoin è necessario avere una chiave personale che porta all’indirizzo presso il quale è possibile effettuare una transazione. Gli indirizzi sono sequenze alfanumeriche della lunghezza di circa 30 caratteri e ogni transazione viene archiviata in un apposito registro denominato “block chain”, utile a verificare che l’intera procedura sia andata a buon fine e che il valore transitato sia stato effettivamente posseduto prima e depositato poi.
Se qualcuno vuole spedire un Bitcoin o riceverlo, è necessario che chiave e indirizzo collimino. Ovviamente perché ci sia una compravendita bisogna che le due chiavi e i due indirizzi si conoscano. Il peer-to-peer, a questo punto, consente la transazione economica e la registra.
Quanto vale un Bitcoin, come acquistarlo e quanti ce ne sono
Attualmente un Bitcoin vale oltre 700 euro, anche se per questa moneta è impossibile pensare a una quotazione stabile soprattutto perché si basa sullo scambio di utenti, senza alcuna regolazione. Il modo più semplice per acquistare Bitcoin è utilizzare il denaro tradizionale nelle piattaforme di scambio (Bitstamp e altri, un metodo veloce in Italia è quello che sfrutta postePay). Il massimo numero di Bitcoin che potranno essere messi in circolazione nel tempo è di 21 milioni. L’ideatore della moneta virtuale, infatti, ha previsto che la sua circolazione sia limitata a priori. Il motivo è legato alla sua natura molto inflattiva che, se gli utenti non conoscessero già la sua circolazione massima, potrebbe essere usata per scopi speculativi. Il sistema prevede che ogni 4 anni si dimezzi la creazione di nuovi Bitcoin. Nel 2013 erano già la metà della quantità massima e nel 2017 si toccheranno i 3/4 di questi 21 milioni.
Per approfondire:
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