Roma - Per i dati ufficiali bisognerà attendere ancora un po', ma quelli ufficiosi mostrano un'Italia a due velocità sull'adeguamento degli impianti termici condominiali. Con il Nord che si piazza al di sopra del 50% e un Centro-Sud molto al di sotto. Ma la discrepanza è dovuta anche "alle diverse leggi in vigore che variano a seconda delle regioni", spiega all'Agi Edoardo Riccio, del Centro Studi Anaci (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali Italiani). In Piemonte e in Lombardia sono state introdotte delle norme rispettivamente nel 2007 e nel 2010, e molti condomini si sono già adeguati. Tuttavia, "siccome fino a due anni fa non esisteva un catasto termico in cui oggi bisogna registrare tutti gli interventi apportati ai sistemi di riscaldamento, non è possibile conoscere il numero preciso degli adeguamenti di quelle due regioni". Dal fattore culturale ai costi, ecco i tre ostacoli principali all'adeguamento termico.
LA CORSA CONTRO IL TEMPO
Ma la discrepanza non è tutta qui: "diversi fattori economici e culturali sono alla base dell'adeguamento" continua Riccio secondo cui a influire sul risultato è anche la tempistica: "gli italiani hanno tempo fino al 31 dicembre 2016 per mettersi in regola con l'applicazione di valvole termostatiche e di contabilizzatori di calore, ma la novità è stata introdotta nel 2014. Ciò vuol dire che, poiché questi interventi vanno fatti a a impianto fermo, l'arco temporale in cui si è potuto intervenire è limitato a due semestri".
UN BALZELLO DA EVITARE
"Il costo dell'intervento si aggira attorno ai 100 euro in media, cui bisogna aggiungere il prezzo del professionista che deve preparare un progetto per gli interventi alla caldaia ed eseguire i calcoli per la ripartizione delle spese. Una spesa di circa 2000 euro per un condominio medio composto da 20-30 appartamenti". In molti ritengono inutile la spesa e un balzello da evitare. Uno dei principali ostacoli, spiega Riccio, "è' proprio culturale". Molti italiani non hanno capito le potenzialità in fatto di risparmio che tocca il 20-30% nelle regioni fredde.
LA MODA DELLE PROROGHE
Abituati alle continue proroghe tipiche dell'Italia, molti - osserva Riccio - hanno preferito aspettare in attesa di una nuova procrastinazione della scadenza. Ma la deadline, questa volta, è imposta dall'Unione europea.