di Massimo Maugeri
Roma - La Russia è pronta a collaborare con l'Opec, l'organizzazione dei paesi produttori, per "congelare o ridurre" la sua quota di produzione di petrolio.
L'annuncio arriva dal presidente russo, Vladimir Putin, e fa schizzare il prezzo del barile, con il Brent che tocca quota 53,45 dollari, il livello più alto da ottobre del 2015, quando il greggio toccò 54,05 dollari. Vola anche il Wti (West Texas Intermediate, parametro di riferimento dei contratti sul greggio scambiati sui circuiti di New York), che tocca i massimi da giugno, a quota 51,46 dollari.
La Russia, ha detto Putin, "è pronta a prendere misure per limitare la produzione", perché "nel contesto attuale un congelamento o una riduzione della produzione di petrolio è il solo modo di preservare la stabilità del settore energetico e di accelerare il riequilibrio del mercato".
I segnali che un'intesa sul taglio della produzione sia a portata di mano arrivano anche dalle parole del ministro dell'energia dell'Arabia Saudita, Al Falih, che ha detto di essere "ottimista" sull'esito della prossima riunione dell'Opec di novembre e ha aggiunto che entro la fine dell'anno "non è impensabile" che il prezzo del barile possa arrivare a quota 60 dollari. "Siamo pronti a fare tutto il necessario per assicurare la stabilità del mercato e ci aspettiamo che da qui ai prossimi sei mesi si possa mettere in moto un nuovo meccanismo" per far risalire i prezzi del barile, ha aggiunto il presidente venezuelano Nicolas Maduro, il cui paese dispone delle più importanti riserve di petrolio al mondo.
Intanto, a margine del forum di Istanbul, le diplomazie sono a lavoro per preparare una riunione informale tra i paesi Opec e quelli che non fanno parte dell'organizzazione. Il ministro russo per l'energia, Alexander Novak, ha detto ai giornalisti che i contatti tra Mosca e i rappresentanti dell'Opec avranno luogo "domani e dopodomani".
"Incontrerò il segretario generale dell'Opec Mohammed Bakindo e i ministri dell'Opec a margine del Forum", ha detto Novak. "Ci sono passi avanti, soprattutto perché i paesi dell'Opec stanno finalmente iniziando ad andare d'accordo tra loro". Al momento, ha precisato il ministro russo, "si è parlato solo di un congelamento della produzione, non di un taglio. Ma se l'Opec proporrà ai paesi non-Opec di ridurre la loro quota, allora l'ipotesi sara' presa in considerazione".
Secondo le previsioni del ministero dello Sviluppo economico russo, Mosca nel biennio 2017-2019 dovrebbe aumentare la sua produzione a 553 milioni di tonnellate di greggio. "Ma se si raggiungerà un accordo - ha concluso Novak - le previsioni saranno riviste". Il 28 settembre, durante una riunione ad Algeri, i paesi dell'Opec avevano deciso di ritoccare leggermente al ribasso la quantità di barili messi sul mercato, portando la produzione a un livello di 33 milioni di barili al giorno, contro i 33 e mezzo di agosto.
Una strada, quella decisa dall'Opec, che non era stata condivisa da Mosca, che non fa parte del cartello dei produttori e aveva deciso di mantenere invariata la sua quota di produzione a 11 milioni di barili.
Il World Energy Council, oltre alle clamorose novità sul fronte energetico, ha segnato una tappa importante anche sul piano politico, con l'ulteriore distensione dei rapporti tra Russia e Turchia, ripresi dopo un deterioramento che toccò il suo apice il 24 novembre dell'anno scorso, quando la contraerea turca abbatté un aereo militare russo nei pressi del confine siriano. Il riavvicinamento tra Mosca e Ankara passa anche per il Turkish Stream, il gasdotto che dal sud della Russia collega la Turchia attraverso il Mar Nero: il riavvio del progetto, dopo le significative aperture arrivate da entrambe le parti, è stato ufficializzato nell'incontro di oggi tra Putin e il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan. (AGI)