di Geminello Alvi
Una ricerca della BRI mette in discussione la strategia con la quale le banche centrali hanno gestito la politica monetaria almeno dalla fine degli anni 90. “Labour reallocation and productivity dynamics: financial causes, real consequences” pubblicato a fine d’anno dalla BRI non è solo infatti un saggio empirico, che studia le recessioni in 22 paesi nell’arco di un quarantennio. Claudio Borio, capo economista della BRI e gli altri redattori del paper smontano gli argomenti coi quali molte delle banche centrali giustificano da anni il loro agire. L’evidenza empirica del loro studio suggerisce che il lungo disagio degli anni seguenti alla crisi Lehman si spiega quasi del tutto con gli effetti distruttivi del boom prima e della contrazione poi sulla crescita della produttività.
Le bolle creditizie squilibrano insomma non solo la struttura finanziaria, ma corrodono, pervertono la struttura economica. Divorano risorse nel boom ma deviando i lavoratori in settori a bassa produttività, così creando bolle immobiliari o sprechi parassitari. "la forte domanda delle istituzioni finanziarie di manodopera qualificata può spiazzare i settori più produttivi", spiega infatti il saggio della BRI. Addirittura l'effetto "histeresis" di perdita della produttività ammonterebbe a circa lo 0.7% del PIL annuo, mentre l’effetto cumulativo del boom e della contrazione nel decennio trascorso sarebbe al 6%. risulta inoltre dalla ricerca che le bolle speculative lasciano una lunga eredità nociva anche dopo il loro sgonfiarsi. Ci vogliono circa otto anni o giù di lì per cancellarne gli effetti.
Secondo Borio e colleghi dunque “ … i boom del credito tendono a pregiudicare la crescita della produttività quando si verificano, in gran parte attraverso la riallocazione del lavoro verso settori a crescita di produttività più bassa. In secondo luogo, la riallocazione di lavoro che si verifica durante un boom … ha un effetto molto maggiore sulla produttività successiva, se seguita da una crisi.”
In conclusione dallo studio BRI possono trarsi conclusioni molto diverse da quelle delle banche centrali. Per esempio che la crescita del credito alle famiglie e alle imprese degli Stati Uniti passato da 157% a 212% del PIL nel decennio fino al 2008, sia all’origine di molti de guai seguenti, e che non alzare prima i tassi abbia poi peggiorato di molto la ripresa presente.
(14 gennaio 2016)