Roma - Nuovo tracollo dei mercati finanziari cinesi, che per la seconda volta dall'inizio dell'anno, ovvero dalla sua introduzione, hanno fatto scattare, dopo appena 27 minuti, il meccanismo di blocco automatico degli scambi per eccesso di ribasso. Al momento della chiusura anticipata la piazza di Shanghai segnava un ribasso del 7,32%, mentre Shenzhen segnava -8,35%. Se lunedi' a mettere in ansia gli operatori era stata la deludente lettura dell'indice Pmi servizi Caixin, questa volta a scatenare il panico e' stata la nuova svalutazione dello yuan. Pechino ha oggi abbassato dello 0,5% i limiti della banda di oscillazione entro la quale lo yuan puo' fluttuare nei confronti del dollaro. La flessione e' la maggiore da quella effettuata lo scorso agosto, che pure ebbe come effetto uno scivolone degli indici di borsa. Svalutazioni di tale entita' vengono infatti lette come un'ammissione da parte delle autorita' dell'indebolimento della seconda economia mondiale, il che deteriora il clima di fiducia.
Va sottolineato come il blocco automatico sembri aver aumentato la volatilita' del mercato invece di limitarla, tanto che la China Securities Regulatory Commission ha deciso di sospendere oggi il meccanismo ad appena sette giorni dall'introduzione. Il sistema prevedeva che gli scambi venissero sospesi per 15 minuti in seguito a una flessione del 5% dell'indice Csi 300 delle trecento societa' a maggiore capitalizzazione, laddove un calo superiore al 7% innescava l'interruzione totale, come e' avvenuto sia oggi che lunedi' scorso. Secondo gli analisti, questo strumento si e' rivelato controproducente in quanto gli investitori che vogliono vendere cercano di piazzare in massa i titoli dei quali desiderano liberarsi nei primi minuti di seduta nel timore che una successiva sospensione impedisca loro di cederli. E' infatti il raggiungimento della soglia del 5% che fa scattare il 'panic selling', nella ragionevole aspettativa che in pochi minuti scatti il blocco generale.
Se la marcia indietro avra' successo lo sapremo solo con l'apertura delle contrattazioni ma i future sugli indici sembrano indicare il recupero del 50% delle perdite della seduta-lampo di oggi. I mercati internazionali, ad ogni modo, paiono aver limitato i danni. Se Tokyo e Hong Kong hanno archiviato la giornata con perdite pari rispettivamente al 2,33% e al 3,09%, le borse europee non hanno accusato troppo il colpo. Se Milano e Parigi se la sono cavata con un -1,14% e un -1,71%, a subire le perdite maggiori e' Francoforte (-2,29%) a causa delle forti vendite sui titoli dell'auto, mentre Londra e' scesa dell'1,97% a fronte di un tracollo del comparto minerario. Gli indici di Wall Street si avvicinano intanto alla chiusura con ribassi superiori al 2% (soffre soprattutto il Nasdaq, a causa del cattivo andamento di Apple e Yahoo) mentre il continuo arretramento del greggio ha spinto la borsa saudita giu' del 4,5%. A tenere in ansia gli investitori non e' pero' solo il prezzo del petrolio, con il Brent sceso sotto 33 dollari per la prima volta dal 2004 e il Wti di New York ai minimi da 12 anni poco sopra i 32 dollari.
Non va infatti sottovalutata la caduta libera del rame, oggi sceso sotto i due dollari l'oncia per la prima volta dal 2009 alla luce di un mercato che, secondo Nomura, restera' in eccesso di offerta almeno fino al 2020. A pagare le conseguenze i minerari, con Anglo American che ha bruciato oltre l'11% in una sola seduta. A guadagnare, in questo contesto solo l'oro, al top di nove mesi, e il bitcoin. La valuta virtuale, un bene rifugio molto apprezzato dai trader cinesi, ha oggi toccato i 450 dollari dopo essersi aggirato intorno a quota 430 per i primi giorni dell'anno. (AGI)