Perché nel 2017 spariranno le bufale. 5 scenari sul futuro del giornalismo
Roma – Il 2016 sarà ricordato nella storia del giornalismo come l’anno in cui le testate più autorevoli degli Stati Uniti e della Gran Bretagna hanno toppato la gran parte delle analisi sui due appuntamenti politici più importanti dei rispettivi calendari politici: le elezioni presidenziali per la Casa Bianca e il referendum per la Brexit. Tanto che all’indomani della schiacciante vittoria del repubblicano Donald Trump contro l’avversaria democratica Hillary Clinton, i principali quotidiani statunitensi hanno fatto mea culpa. Ma il 2016 è stato anche l’anno delle bufale e delle campagne mediatiche.
Che giornalismo ci aspetta nel 2017? Le notizie locali si riprenderanno la scena, occupando uno spazio sempre maggiore. E con loro torneranno a lavorare di più anche i cronisti. Le bufale diventeranno sempre più rare e i dati falsi verranno smascherati in modo rapido con degli automatismi di fact-checking.
A ‘prevedere’ il futuro decine di giornalisti ed esperti di digital media tra i più in gamba al mondo, che hanno detto la loro nelle annuali previsioni del Nieman Lab sulle tendenze e i cambiamenti del giornalismo nell’anno che verrà. Dalle “notizie locali” al “giornalismo selfie”, ecco cosa troveremo sui siti delle testate nel prossimo anno.
“Più spazio alle notizie locali “
Burt Herman (cofondatore di Hacks/Hackers)
Dopo decenni di copertura sempre più debole, le notizie locali torneranno definitivamente alla ribalta nel 2017. Occupando uno spazio sempre più ampio. Il giornalismo locale è stato divorato dal declino dei quotidiani. Dobbiamo fare qualcosa, fare meglio. Il giornalismo paracadute offerto dalla maggior parte delle grandi testate non offre alle comunità che vivono fuori dalle metropoli l’attenzione che meritano. Ma le cose stanno cambiando.
Nuovi modelli di business stanno nascendo per ricreare una connessione tra il tessuto locale di notizie e una rete di giornalisti, scaltri e competenti. Approfondire i fatti locali permette di produrre un giornalismo di spessore e unico, piuttosto che combattere la battaglia dei take su Washington.
“Il giornalismo selfie diventerà una realtà”
Taylor Lorenz (direttrice della piattaforma emergente The Hill)
La diffusione massiccia dei social media ha permesso ai giornalisti di raccogliere informazioni sui fatti che stanno accadendo in larga parte del mondo senza lasciare l’ufficio. E’ possibile contattare testimoni oculari attraverso i loro account Instagram o incorporare il loro tweet. Una volta lavorati, questi contenuti diventano delle piccole storie da diffondere sui social. Il prossimo anno si assisterà a una maggiore diffusione di questo modus operandi perché permette di realizzare migliori contenuti”.
“La fine delle bufale”
David Chavern (president e CEO della News Media Alliance)
Bufale come quella dell’endorsement di papa Francesco a Donald Trump faranno parte del passato. La ragione è semplice: identificare la spazzatura non è difficile. Ci saranno sempre spazi oscuri sulla rete ma le testate faranno di tutto per prendere le distanze. Il rischio di perdere la reputazione è enorme, ed è nel loro interesse difendere la credibilità. Non solo: sono gli stessi lettori a non voler incappare nelle bufale.
“L’anno degli automatismi per il fact-checking”
Bill Adair (creatore di PolitiFact e professore della Sanford School for Public Policy at Duke University)
L’anno scorso, ho detto che il 2016 sarebbe stato l’anno dei Pinocchio. Siti come PolitiFact, Washington Post e FactCheck.org hanno registrato un traffico record grazie ad articoli di fact-checking. Per il prossimo anno prevedo uno sviluppo di bot, di automatismi per il fact-checking. Alla Duke University sono in corso anche progetti per lo sviluppo di piattaforme di fact-checking. Le falsità continueranno a esistere, ma i bot contribuiranno a informare le persone nel modo giusta.
“I titoli contano”
Felix Salmon (direttore di Fusion)
I titoli contano. E non è solo una questione di indicizzazione sulla rete. Perfino il titolo meglio confezionato al mondo avrà centinaia di persone se non milioni che lo leggeranno senza cliccare sulla notizia. Oggi più che mai le persone leggono le notizie quando vengono catturate dal titolo. E questo accade anche a causa dell’inondazione di articoli che appaiono nella cronologia del proprio social network. Ecco perché nessun giornalista può più nascondersi dietro la scusa del “non sono stato io a fare il titolo”. Ciò significa che non deve essere un team di esperti di internet e di social a fare il titolo, o almeno non solo: chi conosce bene la storia, e l’autore del testo, devono essere presenti nel momento della scelta del titolo e opporsi se si discosta dalla verità dei fatti.
Nieman Lab, la finestra sul futuro del giornalismo
Costola della scuola di giornalismo di Harvard, Nieman Lab è l’osservatorio sui media per comprendere e individuare i cambiamenti e le sfide della professione nell’era di Internet. Perché l’avvento della rete, si legge sul loro sito, “ha reso possibile una fioritura delle notizie e informazioni senza precedenti, ma allo stesso tempo ha destabilizzato il vecchio modello di business che per decenni ha garantito la qualità del giornalismo”. L’obiettivo di Nieman Lab è dichiarato nero su bianco: “Ottimi giornalisti in ogni angolo del mondo stanno perdendo il lavoro. Vogliamo capire cosa rende un cronista di successo e cosa li fa fallire; aiutare i reporter a piazzare i loro articoli online; aiutare le agenzie a sopravvivere”.
Per approfondire:
New York Times: A ‘Dewey Defeats Truman’ Lesson for the Digital Age