Roma - La legge Fornero non si applica ai lavoratori pubblici, per i quali vige l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, finche' non sara' fatto un intervento normativo di armonizzazione. E' quanto ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, che oggi e' tornata sui suoi passi, ridando credito all'esigenza di una norma di armonizzazione che consenta il transito della normativa privatistica anche al pubblico impiego. La sentenza n. 24157 depositata il 26 novembre 2015 aveva infatti stabilito che il nuovo testo dell'art. 18 Legge 300/1970, per espressa disposizione del D.Lgs. 165/2001, si applicava anche al pubblico impiego "contrattualizzato", "e cio' a prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione di cui alla legge c.d. Fornero".
Vediamo quindi cosa cambia dallo Statuto dei Lavoratori alla legge Fornero, fino al Jobs act, in un percorso in cui in sostanza si limitano i casi di reitegro, privilegiando gli indennizzi economici.
- ART.18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI
Nella sua formulazione originaria, prevedeva che in tutte le ipotesi di licenziamento privo di motivazione (giusta causa o giustificato motivo) il giudice ordinasse la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro senza soluzioni di continuita' del rapporto di lavoro. Questa norma si applica anche al pubblico impiego per effetto del dlgs. 16572001.
- LEGGE FORNERO
Nel 2012 ha limitato i casi di reintegrazione prevedendo una tutela piu' flessibile riconducibile a una indennita' quantificabile dal giudice in base a vari paramentri. Per quanto riguarda il pubblico impiego, la legge Fornero prevedeva (art. 1, commi 7 e 8) la sua non applicabilita' alla p.a. e apriva un percorso di armonizzazione normativa tra pubblico e privato che non e' mai stato fatto. Il riferimento normativo vigente resta l'art. 51 del d.lgs. 165/2001 che prevede l'applicazione di tutto lo Statuto dei lavoratori, e quindi pure dell'art. 18, anche al pubblico impiego, a prescindere dalla dimensione occupazionale dell'ente.
- JOBS ACT
Con il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti la regola generale, in caso di licenziamento illegittimo, e' l'indennizzo monetario crescente che si basa sull'anzianita' di servizio, con un tetto a 24 mensilita'. Il reintegro nel posto di lavoro restera' soltanto per i licenziamenti nulli, discriminatori e in una fattispecie limitata di licenziamento disciplinare: quando il fatto materiale contestato e' insussistente, senza alcuna valutazione sulla sproporzione del licenziamento. La regola applicabile ai nuovi licenziamenti e' quella del risarcimento in misura pari a due mensilita' per ogni anno di anzianita' di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Per evitare di andare in giudizio si potra' fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. (AGI)