Emanuele Morganti è morto a vent'anni per difendere la fidanzata. Non solo: Emanuele è morto massacrato da un branco, in una lotta impari. E, cosa ancora più grave, è morto fuori dal locale in cui avevano importunato la fidanzata e tra i suoi assassini - questa è la pista degli inquirenti - ci sarebbero anche i 4 buttafuori del club.
La psicologa: "Perché gli umani in branco sono capaci di uccidere"
Emanuele si è spento nel pomeriggio di domenica 26 marzo dopo oltre 36 ore di agonia. I genitori hanno acconsentito all'espianto degli organi. Mentre la sua città lo piange, sui social parte la campagna #chisaparli.
Cronologia di una tragedia
- Venerdì 24 marzo, ore 23 - Emanuele e la fidanzata Ketty arrivano al Mirò Music Club in piazza Regina Margherita, nel centro storico di Alatri, in provincia di Frosinone.
- Sabato 25 marzo, ore 2 - Emanuele è al bancone del bar del locale quando un ragazzo albanese inizia a importunare la sua ragazza. Scoppia un diverbio. Gli addetti alla sicurezza portano Emanuele fuori dal locale.
- Il massacro: un gruppo di persone, tra cui anche i buttafuori, si accanisce contro Emanuele con calci e pugni. Il ragazzo è inerme, ma per il branco non è abbastanza: qualcuno prende una spranga di ferro (o una chiave inglese, secondo altre testimonianze) e lo colpisce più volte alla testa.
- Il ragazzo viene immediatamente trasportato prima all’ospedale San Benedetto di Alatri e poi trasferito d’urgenza al Policlinico Umberto I di Roma. Le condizioni sono gravissime: Emanuele presenta fratture cervicali, cranio sfondato ed emorragia cerebrale.
- Nel frattempo, la stessa notte, la polizia interroga in caserma una ventina di persone.
- Domenica 26 marzo, ore 15 - Emanuele lotta tra la vita e la morte. A nulla servono le operazioni cui è stato sottoposto: i genitori danno il consenso per l’espianto degli organi, il suo cuore smette di battere.
- Domenica 26 marzo, pomeriggio - Nove persone vengono interrogate dai carabinieri
- Lunedì 27 marzo, ore 9 - La notizia è ufficiale: sono nove le persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Frosinone per la morte di Emanuele Morganti. Un gruppo misto composto da tre buttafuori italiani e uno albanese cinque giovani del posto. L'accusa per tutti è di omicidio volontario e concorso in omicidio.
- Il locale è sotto sequestro.
Lo stage in azienda e la passione per la pesca, chi era Emanuele
Tranquillo e sorridente, 20 anni ancora da compiere, Emanuele viveva con la sua famiglia a Tecchiena, frazione di Alatri. Appassionato di pesca e di calcio (in passato aveva giocato con la squadra locale), Emanuele aveva frequentato l’Istituto chimico-biologico di Alatri. Da qualche mese era stagista nel reparto spedizioni dell’Abb Sace di Frosinone.
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Al via la campagna #Chisaparli
Sui social gli amici di Emanuele hanno lanciato l’hashtag #Chisaparli: una richiesta esplicita a rompere il silenzio rivolta a chi è a conoscenza di qualcosa che possa aiutare le indagini. “SE FOSSE STATO TUO FRATELLO? SE FOSSE STATO TUO CUGINO? SE FOSSE STATO UN TUO AMICO?”, si legge nel post che lancia la campagna.
#Alatri #emanuelemorganti #chisaparli pic.twitter.com/QURZcAMCZs
— Roberto Ciocci (@robertociocci) 27 marzo 2017
Il Mirò che “pensa solo a incassare soldi trascurando la sicurezza”
Il locale in pieno centro storico frequentato dai giovani della zona per le serate di musica dal vivo era stato già in passato teatro di risse, ma mai gravi come quella in cui ha perso la vita Emanuele. Ora il Mirò è sotto sequestro e su Facebook sono moltissimi i commenti critici sul livello di sicurezza del locale. “Vergogna!” scrivono la maggior parte degli utenti che accusano i gestori di aver “solo pensato a incassare soldi” senza “investire un minimo in sicurezza”. “Penso che la cosa più sensata da fare era buttare fuori il gruppo che voleva pestare il ragazzo, e lui tenerlo dentro” scrive un ragazzo.